Scuola e disagio: la difficile presa in carico - Conosco Imparo Prevengo

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Scuola e disagio: la difficile presa in carico

Archivio > Aprile 2013 > Formazione e scuola

C.I.P. n. 19 - FORMAZIONE E SCUOLA
SCUOLA E DISAGIO: LA DIFFICILE PRESA IN CARICO.
LA PRESA IN CARICO DISTRIBUITA NELLE EMERGENZE PSICOEDUCATIVE
Evelina Arcidiacono

Psicologa, Psicopedagogista dell’Osservatorio contro la Dispersione Scolastica di Palermo Distretto 13


Uno studente di 5^, di un  istituto professionale, all’uscita della scuola viene investito da un’auto e muore…… dolore e sbigottimento fagocitano la scuola.
Siamo vicini agli esami di Stato ma i compagni non hanno più nessuna voglia di studiare, di impegnarsi: vagano per la scuola e con pretesti vari non entrano più in classe.
La classe/gruppo si è "rotta": alunni e docenti sono in crisi.
"La crisi mostra le viscere della vita umana, l’abbandono dell’uomo che è rimasto senz’appiglio, senza un riferimento, il riferimento di una vita che non ha alcuna meta e non trova alcuna giustificazione. In mezzo a tanta sventura allora, noi che viviamo in crisi, abbiamo forse  il privilegio di poter vedere chiaramente la vita umana, la nostra vita, come se fosse allo scoperto grazie a se stessa e non per merito nostro, perché si è rivelata e non perché è stata scoperta.  Questa è l’esperienza peculiare della crisi".
Così Maria Zambrano, nel testo "Verso un sapere dell’anima" (1991), ci introduce ad una diversa visione del significato del termine crisi rispetto a quello tradizionale che vede la crisi quale sinonimo di crollo di qualcosa che sembrava incrollabile.
Nella nuova accezione l’evento critico assume la funzione di opportunità, spazio di  riflessione  che consente di ri-visitare le situazioni con occhi nuovi; una sorta di zoom sulle variabili interne ed esterne all’evento e, nei casi su rappresentati, sulle variabili organizzative della scuola ma anche, anzi soprattutto, sulla tipologia delle relazioni tra i pari e tra i pari e gli adulti.
Uno sguardo attento sul benessere dei nostri ragazzi per accorgersi che lo si dava per scontato e che invece…..
Spesso, nel nostro lavoro psicopedagogico siamo chiamati a collaborare e condividere con i docenti, gli alunni e i genitori situazioni critiche che ci impongono una ricerca di strategie atte a variare il vertice di osservazione delle stesse.
Infatti, può accadere che l’evento critico inatteso, dirompente e tragico, proprio perché tale, crea una serie di confusioni, di aspettative inadeguate  che possono rendere più difficile qualunque intervento di aiuto.
In greco krìsis significa decisione, scelta, mentre nella nostra lingua può anche assumere il significato di "rapida modificazione di una malattia cui può seguire la guarigione o un peggioramento".
Gli studenti della classe 5^ con il loro "girovagare" chiedevano agli adulti della scuola, i loro professori, di non trattarli come bambini viziati " non ci dicono niente, non ci richiamano … vogliono parlare del nostro compagno e noi invece non vogliamo parlarne più".
Il dolore per la perdita, che viene allontanato perché troppo forte, lascia intravedere un altro dolore, una paura più grande quella del suicidio.
Nel corso degli incontri , infatti, Antonio dice: "Noi pensiamo che è stato investito e invece, magari, è lui che si è buttato sotto..".
In un momento il gruppo si sintonizza su questa idea, la paura di sentire che il suicidio a volte è  stato "pensato","desiderato" … si raccontano  storie tragiche accadute a loro o sentite da altri, anche chi era stato zitto nel corso degli incontri precedenti prende la parola; i "pezzi" del gruppo si ricompongono, le parole levigano le ferite dell’anima.
Al termine del breve lavoro, solo 5 incontri, i ragazzi concludono  con un progetto che proporranno ai docenti: intendono riprendere le lezioni ma per un po’ lavoreranno in coppia come se la paura della solitudine e la sensazione di fragilità che  li accompagna avesse ancora bisogno di essere con-divisa.
Tocca a me mediare il progetto con i docenti; io per loro sono quella che sta dalla loro parte, non sono una loro docente ma appartengo , comunque, alla scuola.
Il lavoro all’interno dell’organizzazione scolastica merita un’attenzione particolare proprio nella definizione del setting; il lavoro con il gruppo (sia dei docenti che degli alunni)  prevede un percorso che pur essendo imbrigliato nelle maglie strette dell’organizzazione istituzionale, acquisti caratteristiche sue proprie tendenti a trasformare quel contenitore rigido e ingessato in uno spazio di libera espressione e fantasia.
Lo spazio creato quale risposta all’evento drammatico della morte del compagno, si è rivelato il luogo dell’ascolto dei problemi dei compagni, luogo di decompressione di tensioni e sofferenze.
Tocca a me aiutare i docenti a ri-scoprire i mondi dell’adolescente e, nel rispetto del mandato che ognuno di loro ha ricevuto dalla società, ri-discutere sulle funzioni dell’Educare e dell’Istruire. Ripensare ad un approccio pedagogico orientato sulla personalizzazione e sulla valorizzazione del gruppo classe come risorsa educativa; strategie centrate sulla promozione della comunicazione autentica per consentire ai nostri ragazzi di riappropriarsi delle esperienze affettivo-relazionali "in presenza", guardandosi negli occhi, senza la mediazione di internet e sms.
Durante gli incontri, programmati ad hoc dal nostro servizio psicopedagogico e la scuola, vengono fuori le ansie dei docenti relative alla difficile gestione del gruppo classe, al senso del lavoro che a volte sembra aver perso  la "canonica" connotazione professionale: ".Ma qui bisogna fare gli psicologi, gli assistenti sociali…ma quando si fa lezione?".
Momenti di confusione , di scoramento, come se fosse troppo complicato e difficile tornare a lavorare come prima.

Uno studente di un  Istituto Superiore, in un momento di pausa,  si siede sul davanzale della finestra della scuola e si butta giù.
"Com’è possibile? Si stava parlando… eravamo qui, insieme..Cosa è accaduto? Perché non ci siamo accorti di nulla?"
Rabbia, colpa, ricerca di significato…….la scuola, tutta, è in crisi.
Dopo l’intervento d’urgenza dedicato alla vittima, il pensiero và ai compagni della classe, loro sono stati i testimoni della tragedia!
Si decide, in accordo con lo staff dirigenziale della scuola, di attivare una "una rete supportiva d’emergenza" al fine di potere dare accoglienza alle richieste dei ragazzi, dei docenti, dei genitori e del dirigente.
Infatti, il malessere viene fuori anche attraverso le numerose richieste di ascolto fatte alla psicopedagogista da parte dei genitori (" Mio figlio ha problemi?.... E se stesse male e non me ne sono accorta?") e dei ragazzi che si sentono confusi.
Si mette a punto, allora, un breve percorso  psicopedagogico proprio a cura di un’èquipe integrata tra diversi servizi: sanitario, psicopedagogico e scolastico.
Pochi incontri, concentrati, prima di partire con un progetto più a lungo termine.

FASE 1.
Incontro del gruppo operativo  (DS, 2 docenti,4 psicopedagogisti, 2 operatori dell’ASP,un  referente, psicologo,  dell’USR sicilia) che individua le procedure e le modalità organizzativo-didattiche dell’intervento.


FASE 2.

  • Incontri con  i compagni della classe del ragazzo   per consentire loro di elaborare il trauma vissuto nella fase più "calda" (l’intervento è stato condotto dagli operatori del  servizio adolescenti dell’ASP);

  • Colloqui con alcuni studenti che hanno manifestato il bisogno di essere ascoltati (l’intervento è stato condotto  dalla psicopedagogista del servizio psicopedagogico dell’Ufficio Scolastico Provinciale);

  • Incontro con il collegio dei docenti (l’intervento è stato condotto dal Coordinatore del Servizio Psicopedagogico ) ;

  • Incontro con  tutti gli studenti della scuola (l’intervento è stato condotto da 13 Psicopedagogisti );

                    Obiettivi del lavoro proposto:
          - Accogliere e contenere eventuali importanti segnali di disagio;
          - Promuovere la riflessione sulla progettazione di un percorso di benessere     
            da  sviluppare a scuola.

 Metodologia:

  •  Attività di gruppo con il metodo "Phillips 6.6." come strumento facilitante per attivare la   

  •  discussione

  • I ragazzi hanno formato gruppi di 6 persone che nel tempo di 6 minuti hanno individuato 6 parole chiave relative alle condizioni e ai fattori che possono promuovere il benessere a scuola;

  • Un portavoce per ogni gruppo ha socializzato le parole individuate, che ogni operatore ha  trascritto sulla lavagna di carta sottolineando in particolare i punti di convergenza e di maggiore significatività;

  • Partendo dalle parole si è aperto uno spazio di confronto/dibattito interessante e partecipato.

  • Le parole evocate dagli studenti sono state  accorpate per aree tematiche.


AREA organizzativo/strutturale:

  orari,sicurezza dell’edificio pulizia, multimedialità, attrezzature tecnologiche, biblioteca, palestra, teatro, spazi "autogestiti ".

AREA didattico /metodologica:

  laboratori, efficienza, competenza, professionalità, impegno, attività ricreativa, input, meritocrazia,  voti più adeguati, spazi per pensare autogestiti e non, musica, multimedialità, arte, teatro, sport, biblioteca.

AREA affettivo - relazionale:

  serenità, lealtà, integrazione, buoni rapporti con i compagni, sensibilità, libertà, confidenza, complicità, solidarietà, amicizia, fiducia,  tranquillità, uguaglianza, partecipazione, integrazione, classe unita,  creatività, relazioni, dialogo, serenità, comprensione, rispetto, fedeltà, comunicazione, disponibilità, tolleranza, sicurezza, aiuto, buoni rapporti con i professori, buoni rapporti con la famiglia.
Le parole maggiormente ricorrenti sono state: rispetto, sicurezza, comprensione,  serenità, lealtà, collaborazione.
Parole che, durante la discussione con i ragazzi, hanno evocato anche ambienti di vita non scolastici; si affacciano, così,  le problematiche relative ai conflitti con i genitori, le difficoltà di condividere le scelte all’interno del gruppo dei pari, il complicato rapporto con i docenti.
Una difficile presa in carico, da parte della scuola, di così tante richieste; responsabilità  che chiamano in campo tutti i soggetti che si occupano del benessere dei nostri ragazzi, al fine di costruire  una "rete" per contenerli e sostenerli nel percorso  di crescita.
Per concludere il presente breve lavoro, userò le parole di Whitman che con un’immagine delicata e al contempo energica ci anticipa il sentimento di gioia che sperimentiamo  quando aiutiamo i nostri ragazzi a….. "nuotare".

Per troppo tempo hai sguazzato vicino alla riva
Timidamente reggendoti ad una tavola,
Ora voglio che tu sia un nuotatore spavaldo,
Che ti tuffi nel bel mezzo del mare,e torni a galla, e mi fai cenno,
e gridi, e ridendo ti scrolli i capelli."

                                      (Walt Whitman, Foglie d’erba)


 



 
 
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