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C.I.P. n. 23 - FORMAZIONE E SCUOLA
PREPARARSI ALLE EMERGENZE: IL VALORE FORMATIVO DELLE ESERCITAZIONI
di Giuseppina Como
Psicologa clinica, specializzanda in Psicoterapia Analisi Transazionale, Psicologa Psic-AR
Negli ultimi decenni si sta sviluppando una "cultura dell’emergenza" riguardo al tema dell’educazione e della prevenzione a incidenti e disastri. Rispetto alle società tradizionali, le società moderne hanno acquisito maggiore consapevolezza pubblica del rischio, che induce la collettività ad adottare livelli sempre maggiori di sicurezza (Slovic, 2000). Tra le attività più praticate per la prevenzione delle emergenze nelle comunità troviamo le esercitazioni. Esse hanno molteplici finalità formative, addestrative ed educative e, generalmente, vengono effettuate per valutare empiricamente i piani d’emergenza locali e territoriali e per stimolare e stabilire coordinamento e sinergia tra organizzazioni e attori sociali coinvolti nella gestione di un’emergenza. Le esercitazioni, solitamente, sono indirizzate a tecnici e operatori, ma qualche volta anche i cittadini vi prendono parte; oppure sono organizzate per sensibilizzare e informare alcuni centri di popolazione (Pietrantoni, L. , Prati, G. , 2009).
Nel nostro paese, come in molti altri, la legge prevede l’obbligo di realizzare periodiche esercitazioni sul campo (per le organizzazioni di volontariato di protezione civile, vedi il DPR 194/2011). Si tratta di una tradizione dell’addestramento militare, che riconosce l’importanza degli apprendimenti che devono essere integrati sempre a livello teorico-pratico, nonché essere richiamati periodicamente, affinché non finiscano per estinguersi (Mason, 2006). Come si apprende dal sito ufficiale del Dipartimento di Protezione Civile, "le esercitazioni di protezione civile hanno l’obiettivo di testare il modello d’intervento, di aggiornare le conoscenze del territorio e l’adeguatezza delle risorse. Hanno, inoltre, lo scopo di preparare i soggetti interessati alla gestione delle emergenza e la popolazione ai corretti comportamenti da adottare" [...] (http://www.protezionecivile.gov.it).
Dal punto di vista della psicologia dell’apprendimento (Mason, 2006), l’esercizio è una fase fondamentale del consolidamento degli apprendimenti, siano essi individuali, gruppali o delle organizzazioni. L’esercizio, per sua natura, non va giudicato ma svolto, perché fa parte ancora del percorso di crescita, non è il suo esito. Come ci suggerisce Sbattella, F. (2009), le esercitazioni sono dei contesti di allenamento, dove i singoli, le squadre e le organizzazioni provano gesti, procedure e interventi studiati in aula o appresi tempo addietro. Esse possono rispondere al bisogno di esercitare le capacità che rischiano di essere dimenticate, oppure rinforzare alcuni apprendimenti già consolidati sul piano teorico ma non ancora sperimentati. In questo caso, deve essere molto chiaro a chi struttura e prepara il contesto esercitativo quali siano le competenze e le abilità da esercitare.
Peterson e Perry (1999), distinguono tre tipi di esercitazioni: "a tavolino" o tabletop, funzionali o a larga scala.
Nelle esercitazioni a tavolino viene presentato un evento simulato in forma narrativa e sono assegnati i diversi ruoli all’interno del sistema di emergenza. Tutti i partecipanti assistono alla descrizione dello scenario e devono interagire fra loro immedesimandosi nella realtà operativa, al fine di sviluppare "a tavolino" la risposta alla maxiemergenza durante tutte le sue fasi. Il loro vantaggio consiste nell’essere economiche, di consentire una valutazione rapida, sia durante l’esercizio sia a posteriori, e di essere appropriate quando un nuovo protocollo viene introdotto all’interno di un sistema già esistente o quando vengono identificate nuove criticità. Il limite che presentano consiste nel fatto che, non essendo reali, le azioni divengono intenzioni d’azioni, riducendo, così, l’apprendimento delle abilità operative richieste sul campo.
Le esercitazioni funzionali si concentrano su una o più funzioni all’interno del piano di emergenza, coinvolgendo un singolo ente impegnato nel soccorso e richiedendo un livello di maggiore complessità. A differenza dei tabletop, tali esercitazioni richiedono una preparazione dello scenario, in cui il realismo risulta importante.
Infine, nelle esercitazioni su larga scala l’obiettivo è di testare tutte le funzioni specificate nel piano. Pertanto, sono necessarie numerose risorse umane e materiali per la creazione di uno scenario altamente realistico. I possibili rischi che potrebbero verificarsi in queste esercitazioni consistono nel fatto che, essendo molto visibili nel cuore di una città, potrebbero procurare caos o disagio, oppure allarme nella popolazione causando complicazioni in una pericolosa contiguità tra realtà e finzione.
Le esercitazioni sono, pertanto, occasioni didattiche per allenarsi a sviluppare azioni complesse, che devono essere coordinate con altri gruppi di persone o realizzate in ambienti particolari. È anche necessario far precedere le esercitazioni da proposte di apprendimento, che saranno consolidate e automatizzate sul campo nel momento esercitativo. Come in ogni buona proposta di formazione, tale pratica dovrà anche prevedere una ripresa a posteriori, per strutturare e rielaborare in termini di apprendimento l’esperienza realizzata.
I modelli d’intervento psicologici nell’ambito dell’educazione e della formazione si sono espressi a favore del principio dell’apprendimento attivo ed esperienziale e del "learning by doing" (Pietrantoni, L. , Prati, G. , 2009).
Peterson e Perry (1999) individuano cinque vantaggi nelle esercitazioni:
Si dimostra se il piano funziona attraverso la verifica inferenziale dell’adeguatezza dei piani di emergenza;
Si valuta se l’addestramento è stato sufficiente e quali cambiamenti possono essere introdotti mediante la costruzione di scenari che replicano quelli reali in termini di conoscenze e abilità richieste negli operatori;
Promuovono visibilità nella comunità di enti e organizzazioni preposti alla gestione di eventi critici di emergenza; tale aspetto permette di rassicurare i cittadini e di preparali per intraprende contromisure in caso di situazioni di pericolo;
Consentono di verificare dal vivo il funzionamento dei sistemi di comunicazione, dei mezzi, delle attrezzature e di altri materiali;
Permettono di testare l’attuazione di un sistema di coordinamento decisionale e operativo fra molteplici organizzazioni interdipendenti.
Ingrassia e colleghi (2006) hanno verificato, insieme a degli studenti di un corso di medicina dei disastri, che, attraverso il coinvolgimento prima in esercitazioni tabletop e successivamente come vittime simulate in esercitazioni full scale, avevano aumentato l’interesse per la materia e le abilità tecniche di triage.
Partecipare ad una esercitazione come operatore dell’emergenza ha un’importante funzione psicosociale. Studi empirici hanno messo in evidenza gli effetti delle esercitazioni su una serie di variabili psicosociali, quali il team work, la percezione di efficacia, la capacità di gestire lo stress, la valutazione dell’adeguatezza della formazione e dell’addestramento ricevuto. E’ stato dimostrato che essere partecipanti in prima persona in un’esercitazione ben riuscita migliora il lavoro di squadra e la fiducia nelle capacità di integrazione e coordinamento tra i vari attori del soccorso. Allo stesso tempo, aumenta anche la percezione di efficacia del sistema dei soccorsi, consolidando la percezione che il sistema è in grado di rispondere ai bisogni delle vittime in modo efficace e tempestivo.
Per quanto riguarda la formazione degli psicologi dell’emergenza, essi potranno partecipare alle esercitazioni per dimostrare le loro competenze o esercitare gli apprendimenti delle procedure proprie della psicologia dell’emergenza, oppure simulare il loro intervento e le azioni delle vittime e/o dei gruppi coinvolti.
In tutti questi casi è indispensabile, tuttavia, che le situazioni che si troveranno ad affrontare siano predisposte da esperti con la stessa preparazione. Non si può, infatti, dimostrare competenza in una prova strutturata da persone che non conoscono la materia. Né, ovviamente addestrarsi con esercizi costruiti da professionisti con altre competenze. Non si può soprattutto agire sensatamente in scenari o role playing costruiti senza un modello del comportamento umano in situazioni critiche, che sia preciso, scientificamente fondato e ben padroneggiato dai simulanti.
Al fine di apprendere efficacemente dall’esperienza esercitativa sul campo, pertanto, risulta necessario avere un’adeguata consapevolezza teorica e condividere una metodologia chiara in simulazioni psicologicamente attente, inserendo nelle fasi di progettazione di ogni esercitazione gli psicologi impegnati e specializzati in contesti emergenziali.
Riferimenti Bibliografici
Dipartimento della Protezione Civile, (http:// www.protezionecivile.gov.it).
Sbattella, F. (2009), Manuele di psicologia dell’emergenza, F. Angeli, Milano.
Ingrassia, P.L., Geddo, A., Lombardi, F., Calligaro, S., Prato, F., Tengattini, M. (2006), Teaching disaster medicine to medical students: "Learning by doing" is a useful tool, in "Journal of Emergency Medicine", 30, 2, pp. 245-246.
Mason, L. (2006), Psicologia dell’apprendimento e dell’insegnamento, Il Mulino, Bologna.
Peterson, D.M. , Perry, R.W. (1999), The impact of disaster exercises on participants, in "Disaster Prevention and Management", 8, pp. 241-255.
Pietrantoni, L. , Prati G. (2009), Psicologia dell’emergenza, Il Mulino, Bologna.
Slovic, P. (2000), The perception of risk, London, Earthscan.