Menu principale:
C.I.P. n. 23 - FORMAZIONE E SCUOLA
FORMAZIONE PSICOLOGI DELL'EMERGENZA
ESERCITAZIONI DIDATTICHE
di Rita Di Iorio* e Daniele Biondo**
* Psicoterapeuta, Psicologa delle Emergenze Ambientali e Civili
** Presidente Centro Alfredo Rampi, Psicoanalista (SPI, IPA)
Le competenze che lo psicologo dell’emergenza deve attivare per riuscire a fronteggiare le situazione di crisi fortemente sovradeterminate da variabili intrapsichiche e inter-soggettive, individuali e sociali, fisiche e mentali, personali, familiari e comunitarie, sono "multiple". Lo abbiamo affermato e ricordato in diverse pubblicazioni e durante le attività formative. Per questo motivo, la formazione degli psicologi che intendono specializzarsi nel campo dell’emergenza dovrebbe, a nostro avviso, contenere:
una serie di conoscenze teoriche sull’emergenza;
una teoria di riferimento sulle emozioni in emergenza (paura, panico, perdita, lutto, congelamento, ottundimento, ecc.);
la capacità di riconoscere ed affrontare il burn-out degli operatori;,
la capacità di realizzare un rapido triage e abbozzare una diagnosi sullo stato delle vittime.
Per riuscire ad acquisire queste competenze, a nostro avviso lo psicologo dell'emergenza deve potersi appoggiare ad una salda teoria di riferimento sui temi della sicurezza e del rischio, che gli permetta di affrontare con competenza gli specifici stati mentali legati alle reazioni delle vittime all’emergenza (inerenti, ad esempio, la resilienza, la fiducia di base, la disperazione, la capacità di auto-protezione e di coping, la capacità di affidamento, ecc.). Ci sembra altresì importante che lo psicologo dell'emergenza abbia realizzato un approfondimento teorico sulle tecniche di comunicazione nelle situazioni di crisi, e che abbia una specifica conoscenza sull’organizzazione della protezione civile.
Tutto questo resterebbe puramente teorico se non fosse accompagnato dalla formazione sul campo attraverso simulate e periodiche esercitazioni. Noi le definiamo esercitazioni "didattiche". Didattiche perché permettono ai partecipanti di fare esperienze concrete, supervisionate a livello individuale e gruppale, che consentono di verificare come l'apprendimento teorico possa essere applicato, durante le esercitazioni, alle diverse situazioni di emergenza.
Una psicologa di PSICAR impegnata nell’esercitazione
I nostri allievi in formazione, i colleghi più giovani o meno esperti, partecipando alle esercitazioni, hanno soprattutto la preziosa possibilità di verificare le loro modalità di risposta emotiva in situazioni di emergenza: in prima battuta come figuranti di parenti delle vittime; poi nel ruolo di vittime; infine nel ruolo più esposto di psicologi dell'emergenza. Non manca, inoltre, la possibilità di sperimentarsi nel ruolo di coordinatori o nel ruolo di responsabili dei centri di accoglienza. Gli stessi psicologi senior si mettono in discussione perché non si finisce mai di imparare e di scoprire dimensioni nuove dell'intervento grazie all'esperienza gruppale che ogni volta si vive con i colleghi.
Gli aspetti e i dati raccolti con le supervisioni li condividiamo in defusing psicodinamici post- esercitazione, mentre i dati raccolti con registrazioni video li condividiamo a distanza di qualche mese, riproponendo ulteriori momenti formativi e psicodinamici.
Fase di condivisione nel defusing post-esercitazione
Da tempo abbiamo definito l' esercitazione come "palestra dei soccorritori" (Gabriella Mosca, L’esercitazione: la palestra dei soccorritori, in CIP – Conosco, Imparo e Prevengo n. 3, agosto 2003; Rita Di Iorio – Daniele Biondo, Sopravvivere alle emergenze. Gestire i sentimenti negativi legati alle catastrofi ambientali e civili, Edizioni Magi, 2009). Con le esercitazioni si ricreano artificialmente situazioni di stress operativo, permettendo allo psicologo di vivere l'esperienza dell'emergenza e agli osservatori-supervisori di realizzare una prima valutazione del comportamento e della reazione del soccorritore. Un laboratorio emozionale, dunque,che permette al futuro operatore, grazie all’utilizzo del metodo psicodinamico, di elaborare le proprie resistenze emotive, le proprie difese nei confronti del dolore e del trauma.
L’esercitazione, realizzata come un'esperienza profonda che coinvolge emotivamente lo psicologo soccorritore, rappresenta nella nostra metodologia formativa il momento saliente, il fulcro di tutto l'intero percorso formativo che proponiamo per diventare psicologo dell’emergenza: Tale metodologia formativa permette ai futuri soccorritori:
di mettere in pratica le teorie apprese;
di conoscere i diversi soggetti che intervengono in emergenza, imparando a coordinarsi sul campo con i colleghi della propria squadra e con i diversi soccorritori che intervengono negli scenari di crisi;
di acquisire una metodologia unica di intervento psicologico, che permette di imparare a lavorare insieme alla propria squadra usando un linguaggio condiviso (pur avendo a monte specialistiche e approcci diversi), opportunamente coniato per l'emergenza;
di conoscere e mettere in pratica i protocolli che devono necessariamente essere rispettati nei contesti emergenziali;
di poter commettere errori in un contesto protetto e monitorato, in base a precise norme di sicurezza psicologica (anche se simulato, si attivano comunque sentimenti non sempre facili da contenere). Si evitano così gli effetti negativi che potrebbero esserci in una reale condizione di emergenza, conservando, però, gli effetti positivi dell’esperienza. Soltanto in una situazione controllata di questo genere, si riescono ad individuare e correggere gli inevitabili errori procedurali dovuti all'ansia e a riconoscere i propri punti di forza e di debolezza.
Un intervento coordinato da Croce Rossa, Protezione Civile e PSICAR
Il punto forte di un'esercitazione, ben progettata ed adeguatamente realizzata, è la "riproduzione" di tutte le possibili condizioni di stress fisico e psicologico che un volontario potrebbe incontrare nella sua attività. Il "potrebbe" è d’obbligo, perché nessuna esercitazione potrà rispondere fedelmente ad una situazione reale, in quanto... non è reale e questo si sa. Al fine di realizzare tale riproduzione, sul piano psicologico, abbiamo creato degli specifici copioni, i quali permettono in maniera realistica di mettere alla prova il figurante e il soccorritore. Il figurante nel calarsi nelle emozioni di una vittima (ad esempio, simulando un attacco di panico, uno stato catatonico o di depersonalizzazione), dovrà imparare a gestire le proprie emozioni; a sua volta lo psicologo che simula l'intervento dovrà riuscire a realizzare rapidamente il triage per quella specifica vittima, riuscire a trovare la chiave giusta per entrare in relazione con lei, essere in grado di trovare le parole giuste per sostenerla ed aiutarla a ritrovare le proprie capacità per affrontare il momento critico. Come si può intuire, entrambi, vittima e soccorritore, sono esposti ad un forte stress emotivo, che li costringe a testare le proprie capacità di tenuta e di contenimento.
Nella maggior parte degli studi di neuroimaging sul PTSD vengono utilizzati paradigmi di induzione dello stimolo di qualche tipo, ossia il paradigma delle evocazioni di immagini mentali in base appunto ad un copione. Immagini che hanno lo scopo di rievocare situazioni traumatiche per poterne studiare sia le risonanze emotive che neurologiche, grazie all'utilizzo di tecniche neuroimaging funzionale. Con l'esercitazione, i simulanti ed i soccorritori hanno la preziosa possibilità di provare, in una palestra protetta dalla presenza di supervisori e senior, le emozioni forti che si attivano sia nel ruolo di vittime che in quello di soccorritori, in modo da verificare la risonanza emotiva che i diversi momenti critici o la relazione con le vittima possano provocare in loro. Tale training è di importanza fondamentale non solo per gli psicologi dell'emergenza, ma anche per i volontari di protezione civile e per i corpi istituzionali che intervengono sullo scenario di crisi: Come affermano i nostri volontari del Nucleo Operativo Alfredo Rampi (NOAR):
"Nella nostra esperienza abbiamo avuto modo di verificare che un volontario educato alla gestione dello stress può divenire un operatore migliore, in quanto più padrone e sicuro di se stesso perché consapevole della propria preparazione. E' anche più utile a sè, ai propri compagni, alle istituzioni e ai cittadini cui presta il proprio servizio in qualunque situazione sia chiamato ad operare: da quelle più rischiose, come spegnere un incendio, a quelle più semplici, come distribuire acqua alla popolazione, a quelle sanitarie. Per far fronte a situazioni sempre più complesse, abbiamo incrementato costantemente la difficoltà delle esercitazioni, riproducendo scenari sempre più articolati, aumentandone la cura dei dettagli (ricorso a truccatori specializzati, nebbie artificiali, introduzione di suoni, odori), per un maggiore realismo."
E' fondamentale riuscire a creare quel giusto clima di tensione, che fa di una esercitazione una rappresentazione realistica dell’evento. Si riesce ad ottenere questo difficile risultato grazie all'aiuto di operatori appartenenti a diverse istituzioni del soccorso: Croce Rossa italiana (soprattutto per il trucco delle vittime), altri enti del soccorso sanitario, 118, Unità cinofile, Vigili del fuoco, associazioni operative di volontari protezione civile. Tramite la sinergia che durante l'esercitazione si riesce a realizzare tra tutti questi diversi soggetti istituzionali, siamo riusciti a realizzare, in alcuni casi, contemporaneamente più scenari nel quadro unitario dell’esercitazione (crollo strutturale di una palazzina con conseguenti fughe di gas, possibili focolai di incendi, vittime da ritrovare sotto la macerie o feriti da estrarre dalle auto bloccate nel garage crollato, con percorsi da effettuare attraverso cunicoli, al buio, con cortine fumogene ecc.) .
Un operatore di soccorso mentre viene truccato