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C.I.P. n. 2 - PSICOLOGIA DELLE EMERGENZE
"SI SIEDA. HO UNA NOTIZIA DA DARLE"
Una proposta di procedura d’approccio psicologico nel comunicare notizia di morte od incidente grave alla famiglia.
di Gianmichele Bonarota
(Psicologo, coordinatore Scuola di Formazione di Polizia Municipale del comune di Roma)
Qualche anno fa parlare di psicologia in ambito dell’infortunistica stradale, così come parlare della Psicologia dell’Emergenza, era considerato come mettere insieme concetti ed idee lontane nel tempo e nello spazio.
Poi sono emersi gli studi e l’esigenza della formazione delle Risorse Umane come valore specifico della professionalità. Nel frattempo occasioni di studio ed analisi della valenza dei fattori umani del corpo dei Vigili Urbani di Roma in occasioni eccezionali considerati d’emergenza come il terremoto in Umbria, l’episodio di Via Ventotene, la morte del Papa ed il Giubileo del 2000, sono andati irrimediabilmente persi.
Alcuni eventi drammatici (gli attentati terroristici in Usa, a Madrid, in Gran Bretagna) hanno fatto assumere al problema un nuovo aspetto: la nuova normativa di riferimento (accordi e piani operativi per affrontare gli aspetti terroristici) sembra un passo avanti verso il cambiamento dell’approccio culturale a questi temi di grande rilevanza.
Oggi governi e cittadini sembrano essere maturi per la ricezione di un’ipotesi formativa e professionale degli operatori coinvolti in questo servizio.
La valenza Uomo- Professionalità, infatti, nella nostra organizzazione è affrontata come una variabile da dover gestire all’interno di un modello comportamentistico, di tipo meccanicoforme, dove allo Stimolo del comando, della legge, della procedura deve esserci la Risposta esecutiva, operativa, passiva dell’operatore. Eppure ben lo sappiamo che in una struttura organizzativa complessa non è così.
Precedentemente, davanti al problema di come affrontare la comunicazione di un incidente od una morte la risposta data era "che questo non era un problema"; ovvero la negazione o la minimizzazione dell’esistenza dello stesso.
L’aspetto preventivo degli effetti psicologici (informazione e formazione in conformità alla Legge 626/94 e dei principi etici espressi dalla Raccomandazione REC (2001) 10 del Comitato dei Ministri sul Codice Europeo di Etica per la Polizia, www.Forum italiano per la Sicurezza Urbana rappresenta un compito che deve essere affrontato non soltanto con procedure asettiche formali, ma con la consapevolezza della situazione, ovvero con le Informazioni e la Formazione nel contesto di riferimento.
Il dato confermato più volte dall’annuario che si presenta in occasione della Festa del Corpo di Polizia Municipale (2005, pag.31) indica n. 180 mortali registrati direttamente; le persone decedute n.186 di queste 105 conducenti, 18 passeggeri, 63 pedoni. Il dato globale è di n.92.949 incidenti stradali dove le persone che hanno subito lesioni sono state n.22.795. La percentuale di riferimento per i veicoli a due ruote si attesta intorno al 20%.
In sintesi circa duecento segnalazioni di morte e ventitremila di incidenti per poco più di un migliaio di operatori (GIT e infortunistica per i 19 Gruppi, suddivisa in turni di lavoro) ovvero intorno alle mille unità nei tre turni con almeno venti coordinatori, Ufficiali responsabili.
Una piccola indagine sul fenomeno svolta dal sottoscritto, rivolta a coloro che operano nel settore infortunistica, ci segnala che la comunicazione in generale era data, ed ancora oggi si fa, attraverso il telefono, avvertendo che c’è stato un incidente e si demanda terze persone l’incombenza della notizia (ad esempio delegando implicitamente agli operatori dell’ospedale dove è stata portata la vittima).
Nell’occasione di qualche incidente, anche non particolarmente cruento più di un operatore ha segnalato che l’effetto della morte percepita, nelle sue modalità, lo ha pervaso emotivamente per oltre un mese e la difficoltà maggiore era di non poter (il cosa) e per alcuni il non saper (il come) esprimere il disagio provato. In altre parole l’effetto della Sindrome Post-Traumatica.
Antonio Zuliani, nel suo "Manuale di Psicologia dell’Emergenza", riprendendo una serie di studi, definisce anche un possibile percorso per l’operatore che deve saper gestire questa incombenza.
E’ fondamentale che l’agente comunicatore tenga conto del fatto che lui conosce il contenuto del messaggio, ma non sa come verrà recepito, poiché lo stesso è fortemente emotivo e solleciterà probabilmente una risposta di tipo emotivo. Per questo motivo assume una grande rilevanza il contesto in cui avviene la comunicazione.
Ricordiamo che la definizione della comunicazione è ampia, a seconda del punto d’approccio e del modello teorico di riferimento (informatico, linguistico, pragmatico, ecc.). Una possibile definizione può essere questa: la comunicazione è l’insieme dei processi per i quali le informazioni, le idee, le opinioni, gli atteggiamenti sono trasmessi e ricevuti, definendo così la base per una comune intesa.
In questa particolare comunicazione l’agente di Polizia Locale deve "prendersi cura del suo ricevente" e questo può farlo in frase preventiva:
- raccogliendo, per quanto possibile, informazioni precise sull’accaduto. Sapere: cosa è successo, dove (indicando o descrivendo il luogo), quando e sinteticamente come, rimandando ulteriori informazioni in altro momento e adducendo ragioni come le indagini in svolgimento.
Prima di comunicare l’agente di Polizia Locale deve accertarsi dell’identità del deceduto o del ferito grave:
- Saper a chi dare la notizia. Un consiglio proposto dal docente di Infortunistica stradale, FPM Giuseppe Merlin è quello di acquisire informazioni, se possibile, circa il nome del medico di famiglia e quindi reperirlo. Egli saprà consigliare a chi, dei familiari, rivolgere la notizia oppure darla egli stesso.
Talvolta, però, il tempo o l’organizzazione del lavoro non permette di fare questo.
- Il mezzo di comunicazione. Non si deve usare il telefono, una modalità lontana, in forma anonima, e di facile fraintendimenti. Il Merlin nelle sue lezioni riportava come esempio, la seguente telefonata:
"Pronto qui è la Polizia Municipale, vorremmo parlare con il padre o la madre del……….., è lei signora? (….) Le comunichiamo che lei era la madre di…" . Ora questo è solo un esempio di cattiva comunicazione ed anche un modo didattico per esorcizzare la notizia di morte.
Il comportamento da tenere è quello di dare, a voce direttamente e personalmente la notizia stessa. Possibilmente da chi conosce la dinamica dell’incidente per le notizie generali. In questa fase è opportuno la presenza di una terza persona non tanto per l’agente ma per il Ricevente.
Può essere importante la presenza di un sacerdote, di un amico, o quel medico di famiglia preventivamente contattato. Abbiate cura che non ci siano bambini. E’ un percorso emotivamente delicato. Essi hanno altri tempi e modalità.
- Presentarsi ed indicare lo scopo della presenza. Presentarsi è la prima fase della comunicazione e deve essere formale. Il saluto, se non in ambiente chiuso, può essere anche di tipo militare. Chiedere la conferma del "titolare" della comunicazione e quindi, dando sempre il tono formale del Lei, chiamandolo spesso per nome e cognome.
"Buongiorno, sono il (Nome e Cognome, grado ed appartenenza) istruttore di Vigilanza urbana del Gruppo Intervento Traffico del Comune di Roma. Lei è il fratello di (nome del deceduto) ? il suo nome, prego? (…….) .
Sig. ……..posso parlare a Lei a nome di tutta la famiglia? (…..) Ho una comunicazione da dover dare……
- Il luogo dove dare la notizia deve essere un luogo tranquillo per permettere l’eventuale manifestazione delle emozioni da parte del ricevente o dei riceventi.
Sig. ….. posso chiederle di mettersi seduto ? anche Lei signora, (se ci sono altre persone). In caso di diniego attendere che si mettano a loro agio anche con un momento di silenzio.(….)
Poi dare la notizia con voce calma e forte. Sono qui per comunicarLe la morte di vostro fratello (nome e cognome) avvenuta questa notte sulla Via….. in seguito ad un incidente con un altro veicolo.
Dopo questa informazione è opportuna una pausa per permettere al ricevente di "metabolizzare" il contenuto della comunicazione che fino a quel momento aveva solo intuito od immaginato.
Usare una frase come sono a disposizione per eventuali informazioni che vorrà chiedermi o vorrebbe altre informazioni da me?" vi permetterà di avere il feed back sull’effetto della comunicazione che potrebbe essere stata rifiutata o non percepita.
La comunicazione verbale deve avere le caratteristiche della semplicità e deve essere diretta al ricevente.
La verifica della ricezione della comunicazione verbale porta alla conclusione del percorso d’informazione che deve terminare con il porgere delle condoglianze.
Si suggerisce di non andare subito via, ma di dare un momento di tempo per far depositare le emozioni. La sola presenza (linguaggio non verbale) ed il silenzio offrono al o ai familiari, un momento di "cura" della persona e di questo ve ne saranno particolarmente grati.
Potranno esserci delle manifestazioni emotive come il pianto o la disperazione. Sono una reazione normale e devono essere accettate per tali. Tali comportamenti non vanno contrastati. Lasciate ad altri il compito di sostenere il particolare momento. Evitate frasi inutili.
Appena possibile senza forzare i tempi, valutare se è ancora opportuna la presenza dell’agente e chiedere di avere commiato. Se non lo aveste ancora fatto lasciate un recapito di dove potrete essere reperibile per l’esigenze del caso.
Il post comunicazione riguarda l’opportunità di "toccare" i resti del defunto. Se l’incidente è stato particolarmente cruento e deformante, è opportuno avvisare i familiari prima del loro contatto diretto. Altro aspetto riguarda gli effetti personali. Essi rappresentano simbolicamente la persona ed i legami affettivi con il suo mondo, anche familiare. Vanno rispettati e consegnati, possibilmente in una scatola o in una busta (non quella dei rifiuti urbani!) ed "in ogni caso è importante chiedere ai familiari se si sentono pronti a ricevere gli effetti personali, e tener fede ai loro desideri" (pag 257).
Il post comunicazione che riguarda gli operatori ha a che fare con il loro coinvolgimento emotivo. La sola presenza della situazione di morte o di incidenti particolarmente cruenti sollecitano gli aspetti personali d’inadeguatezza e di paura. L’empatia con il vissuto di dolore delle vittime o dei loro familiari, riporta ad altri lutti talvolta non elaborati, facendone riaffiorare ferite non rimarginate.
Occorre, a questo personale, permettere operazioni di defusing e debrifing dove elaborare il proprio stress e prevenire la sindrome lavorativa del burnout.
Nell’occasione di qualche incidente, anche non particolarmente cruento, più di un operatore ha segnalato che l’effetto del contatto con la morte lo ha pervaso emotivamente per oltre un mese e la difficoltà maggiore era di non poter, e per alcuni di non saper, esprimere il disagio provato. In altre parole si tratta, insieme ad altri sintomi, di un chiaro segno di Sindrome da Stress Post Traumatico. Alcune considerazioni: davanti alla comunicazione di morte o di incidente grave emergono culturalmente due elementi:
L’aspetto formale, (medico legale, giuridico);
L’aspetto assistenziale.
Per il primo elemento, l’aiuto viene dalla formazione professionale ed un efficace protocollo di lavoro, con una dose di buon senso e di sensibilità personale; per il secondo emerge la preoccupazione di "non essere preparato al compito" o "di subire una invasione emotiva".
Per l’ aspetto assistenziale è necessaria una formazione ad hoc per il personale di questi settori direttamente a contatto con il dolore e la sofferenza, come già accade con il personale degli ospedali ed in particolare quelli della Rianimazione ed il Pronto Soccorso.
Non è più possibile affidarsi al buon senso o all’iniziativa del singolo.
Mi viene in mente un episodio raccontatomi da un vigile pieno di rabbia e senso di impotenza. La notte prima, lui e un suo collega anziano erano stati chiamati per uno scontro frontale tra un auto ed un motorino. Il ragazzo era steso sulla strada, ormai morto, e stavano svolgendo l’attività di rilevazione, in attesa del magistrato.
Il telefonino del ragazzo squillava ripetutamente. Alla fine il collega anziano lo prende e risponde. Alla intuibile domanda dell’interlocutore dice "Qui è la Polizia Municipale" e dopo un intervallo, spazientito, " Capisci a me! E’ sera, è tardi e qui è la Polizia Municipale. Capisci a me!". Chiude il telefonino e lo mette accanto al ragazzo, sul telo bianco.
Continuando arrabbiato commentava, "quello era il padre che aspettava il figlio e quello………, nemmeno gli ha detto dov’era"… La sua non era più rabbia, era diventata tristezza, alla quale non sapeva dare il suo spazio ed il suo tempo per riconoscerla.
Come psicologo oltre ad un percorso di formazione che approccia gli aspetti cognitivi e addestra a comportamenti operativi rivolti al compito, debbo sollecitare un momento di "silenzio" dall’attività professionale, dove l’operatore possa contattare i suoi aspetti emozionali senza alcuna valenza clinica se non quella di un sostegno davanti al trauma ed il lutto.
In un’ottica di prevenzione e della qualità professionale del servizio non è più possibile affidarsi al buon senso o all’iniziativa del singolo.