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C.I.P. n. 16 - PSICOLOGIA DELLE EMERGENZE
PSICOLOGIA DEL TRAFFICO
Una rassegna di ricerche e modelli metodologici
Maria Teresa Devito
Diversi studi in psicologia dell’emergenza affermano che la maggior parte delle persone si confronta, almeno una volta nella vita, con eventi drammatici e tragici.
Il disastro viene definito come un evento che ha un impatto negativo sulla salute e la sicurezza delle persone; richiede assistenza e risorse aggiuntive; provoca un ingente numero di perdite umane; rappresenta un punto di rottura nella relazione tra la persona ed il suo ambiente.
I disastri sono solitamente suddivisi in due categorie:
disastri naturali, ovvero tutti gli eventi che derivano da alterazioni atmosferiche o ideologiche;
disastri indotti dall’azione umana, che possono essere accidentali, riconducibili all’errore umano o malfunzionamento (incidenti stradali); o intenzionali (omicidi, violenza di massa etc.)
Diversamente da quanto si è portati a pensare, esiste una differenza tra il rischio e il pericolo: il pericolo è una proprietà o qualità intrinseca di un determinato fattore, avente la caratteristica di causare un danno; il rischio è la probabilità che si verifichino eventi che possono produrre danni a persone o cose.
Il rischio viene suddiviso in due tipologie:
ü rischio accettabile, assunto volontariamente e percepito sotto il proprio controllo;
ü rischio inaccettabile, provocato o non naturale (danni osservabili, immediati o gravi).
Educare al rischio significa informare sui rischi dell’ambiente attraverso esperienze di autoprotezione, supportate da indicazioni precise sulla prevenzione e soluzione dei rischi.
Il punto di partenza di questo processo è la valutazione della percezione di rischio, ovvero la valutazione della stima che il soggetto fa della probabilità che si verifichi in futuro un evento con danni personali e/o materiali. Segue la valutazione del locus of control, cioè del grado di controllo che un soggetto ritiene di avere sul proprio destino, solitamente suddiviso in due categorie:
interno, ovvero la capacità di costruire la propria esistenza essendone direttamente partecipi;
esterno, gli accadimenti della propria esistenza vengono attribuiti alla fortuna o al caso.
La Psicologia clinica del traffico si occupa dei problemi di mobilità delle persone con lesioni del SNC in seguito ad incidenti e delle persone con disturbi cognitivi.
In Europa esistono strutture e grandi istituti specializzati su questo tema; inoltre le assicurazioni selezionano i soggetti da assicurare e finanziano la ricerca degli psicologi, purché dimostrino, non a breve ma a medio e lungo termine, una riduzione degli incidenti.
In Italia il quadro è diverso, soprattutto a causa di due elementi di blocco: l’approvazione del 1969 in Parlamento dell’art. 11 legge 24, n. 990 (obbligo delle assicurazioni ad accettare tutti gli assicurandi) e la soppressione dell’Ente Nazionale Prevenzione ed Infortuni nel 1978.
Infatti nel nostro Paese si inizia a parlare di Psicologia del traffico solo nei primi anni ’90: nel 1992 viene introdotto del nuovo Codice della Strada (DPR. n. 285) e nel 1993 viene pubblicato il nuovo Codice della Strada (DL. n. 360) art. 119 comma 9 (le commissioni mediche possono chiedere visita psico-diagnostica).
I principali modelli teorici della Psicologia clinica del traffico sono:
gerarchici, dove il comportamento di guida è descritto in base a diversi livelli che interagiscono tra loro (Modello dei Sistemi Funzionali, Michon, 1995; Modello dei Sistemi Tassonomici, Ranney, 1994; Modello Gems);
a stadi o fasi, che individuano fasi diverse e delimitabili all’interno del processo di modificazione del comportamento (Modello Transteorico, Prochaska e Di Clemente, 1982; Modello Processuale dell’Azione Preventiva–PAMP, Weinsten, 1988);
cognitivo–motivazionali, nel quale gli atteggiamenti non vengono visti come unici fattori d’influenzano del comportamento, ma viene valutato anche l’intervento di variabili situazionali, normative ed individuali (Teoria del Comportamento Pianificato, Ajzen,1985; Modello delle Credenze Relative alla Salute–Hbm, Becker, 1974; Healt Action Model–Ham , Tones, 1995).
Gli ambiti di attuazione di questa disciplina sono: la selezione, l’influenzamento diretto del comportamento e l’influenzamento indiretto del comportamento.
Il punto di partenza è la comprensione del comportamento dei conducenti di veicoli attraverso una serie di metodologie adeguate:
osservazione;
descrizione e registrazione del comportamento;
analisi di atteggiamenti e motivazione;
individuazione di differenze individuali nelle prestazioni di guida;
unzioni di modello tra gli utenti stradali;
Per quanto concerne l’osservazione, l’utilizzo maggiore è di tipo sistematico, costituita da: auto-osservazione del soggetto; questionari standardizzati compilati da un osservatore; misurazioni strumentali (Prove di giuda viennese; sistema di analisi di Giuda del Comportamento-SAF). La struttura dell’osservazione è la seguente:
registrazione strumentale del comportamento del veicolo e del comportamento del conducente;
osservazione strutturata eseguita da osservatori presenti nel veicolo e da osservatori che seguono il veicolo.
Uno dei fattori che rende meno sicura la circolazione stradale è la distrazione, ovvero la deviazione dell’attenzione dal compito primario, che è quello di guidare, a causa di altre attività visive, cognitive, uditive e biomediche (National Highway Traffic Safety Administration - NHTSA). Questo fattore è però il meno conosciuto e contrastato perché difficilmente misurabile.
In merito alla distrazione nel nostro Paese è stato condotto uno studio, con il patrocinio del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e su incarico dell’ANAS spa, della FIBE e del SILB.
La ricerca ha messo in evidenza che la causa principale degli incidenti stradali è costituita dall’alterazione cognitiva dei processi di attenzione del guidatore e può essere determinata da fattori psicologici e stili di guida irregolari (stress – stanchezza).
Dallo studio sono emersi chiaramente quattro stili di guida degli italiani:
TRAVELLERS;
HEAVY USERS;
FREQUENT MOVERS;
ROAD RUNNERS.
Una interessante ricerca è stata condotta per esaminare lo stile di giuda dei giovani italiani delle scuole superiori: studenti che non hanno l’età per conseguire la patente ma hanno avuto esperienze di guida; studenti che hanno l’età per conseguire la patente. L’obiettivo era quello di raccogliere informazioni sul ruolo che alcune caratteristiche individuali possono avere nello spiegare una maggiore o minore propensione verso comportamenti di rischio alla guida, valutando la presenza o meno di differenze individuali accertabili nella capacità di mantenere un adeguato livello di prestazione.
Il profilo del guidatore a rischio si rileva nel 34,33% dei ragazzi intervistati, con l’identificazione di due profili:
√ Il giovane guidatore prudente, si rivela nel 37,8% dei ragazzi intervistati;
√ Il giovane guidatore preoccupato/controllato, si rivela nel 27,88% dei ragazzi intervistati.
Essenziale è la prevenzione, che in ambito stradale deve essere tempestiva e costante; accompagnare tutte le fasi di sviluppo dell’individuo; essere specifica e indirizzata verso i rischi effettivi.
Di fatti, secondo l’OMS (1990) fare prevenzione significa:
determinare se il comportamento di un individuo o di un gruppo comporti un rischio per la propria salute e quella degli altri;
aiutare i soggetti interessati a comprendere e a riconoscere i rischi associati al loro comportamento;
definire con essi in che modo il loro stile di vita e l’immagine che hanno di se stessi siano legati a tale comportamento;
aiutarli definire le proprie possibilità di cambiare il comportamento;
collaborare con loro al fine di produrre e mantenere il nuovo comportamento.
Bibliografia
Max Dorfer ( 2004), Psicologia del Traffico: Analisi e trattamento del comportamento alla guida: Edizioni Mc Graw-Hill
Sardi Pierangelo e Lisa Lucia (2005), Lo psicologo del traffico in Europa e in Italia: Edizione Carocci
Giannini Anna M. e Lucidi Fabio(2007), Il paradosso del giovane guidatore: Edizioni Kappa
Franco Taggi e Marturano Pietro (2007), Salute e sicurezza stradale .Prima, durante, dopo, poi e poi ancora: Edizione CAFI
Rita Di Iorio e Daniele Biondo (2009), Sopravvivere alle emergenze: gestire i sentimenti negativi legati alle catastrofi ambientali e civili: Edizione Maggi
Pietrantoni Luca e Prati Gabriele (2009), Psicologia dell’emergenza: Edizione Il Mulino