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C.I.P. n. 16 - PSICOLOGIA DELLE EMERGENZE
IL CONTRIBUTO DEL CENTRO ALFREDO RAMPI ALLA STESURA DEL PIANO NAZIONALE SULLA SICUREZZA STRADALE
Una città più sicura per i bambini è una città più sicura per tutti
Rita Di Iorio
Segretario nazionale Centro Alfredo Rampi Onlus
Il progetto culturale dell’Associazione Centro Alfredo Rampi ONLUS è quello di riuscire a far sentire la sicurezza come indicatore privilegiato per osservare i fenomeni sociali, come rilevatore della qualità della vita, come parametro principale su cui verificare l’impegno delle amministrazioni e come unità di misura del benessere individuale e sociale.
Al fine di conquistare livelli di sicurezza più evoluti, occorre a nostro avviso coniugare i problemi tecnici, giuridici, burocratici e logistici della sicurezza alla dimensione umana e sociale, all’impegno in difesa dei più deboli, che sulla strada sono i pedoni e i ciclisti.
E proprio dalla strada e dal quartiere che bisogna partire per contrastare i fenomeni sociali che minacciano la sicurezza collettiva.
Con i ragazzi e i giovani tali considerazioni si sono tradotte in alcune specifiche proposte che il Centro Rampi ha sperimentato in venti anni di attività, un modello d'intervento integrato per l'educazione alla sicurezza delle nuove generazioni, registrando non pochi successi. Attività sperimentate con migliaia di bambini e ragazzi, facilmente trasferibili in tutto il territorio nazionale. Progetti corredati di programmi, test di verifica, schede ricerca, materiale didattico e divulgativo. Progetti svolti da un gruppo di esperti interdiscliplinare con la collaborazione di vari enti pubblici e scientifici.
Per le utenze deboli sono stati creati dei contesti educativi, degli spazi precisi, in cui favorire un processo di elaborazione delle radici affettive che li spingono ai comportamenti rischiosi per strada.
Una pubblicazione del Centro Alfredo Rampi sulla sicurezza stradale per ragazzi
Per gli adolescenti è stato scelto il "gruppo di quartiere" come dimensione specifica su cui lavorare perché, come dimostrano tutte le ricerche psicologiche e sociologiche in questo campo, esso è un soggetto psicologico molto potente nell’influenzare le decisioni ed i comportamenti individuali: in adolescenza è il gruppo che ha una capacità decisionale suprema, che fa tendenza, che detta la norma, che fornisce copertura per i comportamenti rischiosi.
Con le stesse premesse è stato riformulato anche l’intervento nel campo dell’infanzia. Quartiere e bambini sono le due parole chiave che stanno guidando i progetti per l’infanzia elaborati dall’Associazione. Da qualche anno il rapporto del bambino con la città è al centro della riflessione culturale e sociale a livello internazionale. È emersa la consapevolezza che l’habitat urbano non è stato pensato per soddisfare i bisogni dei più piccoli. Il processo di disumanizzazione delle città ha infatti visto i bambini come una delle fasce più penalizzate. Per questo motivo si parla di bambini "invisibili" e si denuncia da ogni parte la solitudine che essi soffrono nascosti dietro l’apparente benessere delle loro case. Questo motivo spiega anche perché il dato relativo agli incidenti stradali che coinvolgono i bambini è minore di quello relativo agli altri pedoni, i bambini non sono più per strada.
Il problema, quindi, della protezione delle utenze deboli dal contesto strada non esiste più, visto che queste utenze sono state quasi del tutto espulse dalla strada, proprio con l'intenzione di proteggerlo dagli eccessivi rischi della stessa.
Certo è che tali esigenze protettive hanno un loro fondamento, ma è anche vero che il bambino non va solo protetto ma principalmente va educato al rischio. "Farsi male" è un'esperienza importante per il bambino perché gli da il senso del limite e lo responsabilizza.
Non c'è più una strada dove poter giocare e farsi male, perché il rischio è diventato troppo grande per essere affrontato e dominato dal bambino, forse anche dall'adulto. E allora che tipo di educazione stradale ha senso fare nell'attuale contesto urbano?
Per far fronte a questa domanda il Centro Rampi ha scelto di individuare quali interventi strutturali devono essere realizzati nella viabilità, come nella progettazione delle case, dei cortili, delle aree verdi e dei marciapiedi, per rendere la città più sicura per tutti, ascoltando in prima persona coloro che dovrebbero diventare i principali fruitori della strada. i bambini, i ragazzi, gli adolescenti.
In tale contesto culturale, condiviso con molti altri, è stato proposto il tema della sicurezza del bambino-pedone come punto di partenza per avviare il processo di modificazione della città. Bambini, adolescenti e giovani sono stati il punto di partenza per sperimentare nuove proposte per arrivare agli adulti affinché tale progetto di sicurezza sia trasversale fra le generazioni e veramente capace di imporsi a livello generale. Da qui nasce l’idea del Centro per la Sicurezza del bambino in città. per riuscire a sperimentare un modello d’intervento globale per la sicurezza del cittadino, capace di concentrare in una singola porzione di territorio una serie di interventi che nel tempo possono ridurre le condizioni di rischio. Interventi di diverso tipo: scientifici, sociali, culturali, educativi, amministrativi, tecnici, politici. Interventi che coniugano la ricerca epidemiologica con l'intervento, i dati raccolti dall'intervento educativo con l'intervento strutturale delle amministrazioni pubbliche.
Un modello d'intervento che coniughi le esperienze fatte da tutti gli enti che lavorano per la sicurezza dei pedoni, in modo da offrire ai tecnici l'aiuto necessario e fondamentale per permettere loro di progettare ed operare per una reale sicurezza dei pedoni, dei portatori di handicap, dei ciclisti .
L'orientamento pedagogico tradizionale, ma anche di progetti avanzati ,nei confronti del problema dell'educazione stradale si è orientato verso la proposta ai bambini ed ai ragazzi dell'apprendimento del codice degli adulti.
Tali impostazioni hanno il limite di considerare come codice inevitabile della comunicazione nel contesto stradale quello orientato sul pensiero dell'adulto e di conseguenza orientano tutta la loro esperienza educativa in direzione dell'interiorizzazione da parte del bambino di tale codice spesso accompagnate da comunicazioni terrorizzanti e catastrofiche (come molte delle campagne pubblicitarie sulla sicurezza stradale degli ultimi anni). Ogniqualvolta si prende in considerazione il bambino o il pedone lo si fa nella logica dell'automobilista e del rischio macchina o mandando una comunicazione al bambino di essere incapace di capire le regole della strada o di essere semplice imitatore degli atteggiamenti di adulti che si comportano male quando sono in macchina o per la strada.
Noi riteniamo, al contrario, che il punto di vista del bambino (unito al punto di vista dell'anziano, dell'handicappato, della donna con passeggino e carrello della spesa, insomma di chi usa di più quotidianamente la strada, in tutte le sue componenti ambientali della carreggiata, del marciapiede, della piazza, del giardinetto ecc.) è più universale di quello dell'adulto motorizzato (che usa solo la carreggiata) e di conseguenza deve essere privilegiato nella produzione dei codici semantici che hanno come obiettivo prioritario quello di abbattere il più possibile le barriere comunicative.
Il bambino deve maneggiare situazioni complesse, la sua creatività, la sua curiosità, il suo bisogno di esplorare e manipolare l'ambiente, l'interesse scientifico per la meccanica dei fenomeni e degli avvenimenti, la relativa autonomia dal contesto normativo, permettono al bambino, se sostenute dall'adulto e da esperienze concrete di dare un contributo inedito ai problemi dell'ambiente ed in particolare a quelli del traffico.
La mitigazione ed il controllo del rischio stradale possono allora rappresentare un vertice privilegiato per ricostruire la relazione educativa fra la strada ed il pedone, fra l'ambiente e gli esseri umani.
Solo ricreando le condizioni di sicurezza dell'ambiente urbano questo ambiente potrà essere restituito al bambino, all'adulto a ad ogni abitante come risorsa formativa senza la quale è impossibile raggiungere un equilibrio armonico della personalità.
Il Centro Rampi ha elaborato il proprio progetto educativo che ha visto la scuola come ambiente privilegiato di riferimento nel quale si è coniugato la proposta della ricerca sul territorio all'educazione stradale. Temi che rientrano nell'educazione stradale, nell' educazione alla salute, nella sicurezza nelle strade urbane ed extraubane per i giovani.
Per esempio, nella scuola dell'obbligo si sviluppano "attività di laboratorio", che interagiscono con lo spazio esterno.
Attività di educazione stradale per bambini e ragazzi
L'intervento nello spazio esterno, come quello del censimento dei rischi per la loro mappatura, della creazione di una segnaletica speciale a difesa della pedonalità che visibilizza la presenza del bambino nel quartiere, o la progettazione di un’area verde, di un percorso sicuro o di una pista ciclabile che colleghi abitazioni, scuole e aree verdi di gioco, rappresenta la nostra proposta di laboratorio all'aperto per l'educazione stradale.
Noi riteniamo estremamente necessario per realizzare un'efficace educazione stradale, realizzare circuiti integrati sicuri per la mobilità nel quartiere che possa permettere ai bambini ed ai ragazzi di uscire dai diversi ghetti in cui sono costretti ad essere rinchiusi (il ghetto scuola, il ghetto casa, il ghetto corsi specializzati, il ghetto ludoteca ecc).
Secondo questa metodologia di educazione stradale sono stati realizzati vari progetti educativi.
In particolare:
a) Un progetto educativo ha coinvolto i bambini, i ragazzi e gli insegnanti in un percorso didattico sul rischio stradale che ha seguito le seguenti tappe :
1) Esplorazione concreta del quartiere per censire sia le risorse per i bambini presenti in esso che i rischi stradali;
2) Mappatura del quartiere finalizzata all'informazione di tutti i bambini della scuola della presenza dei servizi per l'infanzia e degli eventuali pericoli censiti;
3) Progettazione di una segnaletica tesa ad informare i bambini e tutti i pedoni della presenza di quei rischi, azione di denuncia degli stessi alle autorità competenti;
4) Installazione della suddetta segnaletica per rendere visibile il contributo del bambino alla sicurezza del quartiere e per sensibilizzare il mondo degli adulti sui loro bisogni di mobilità sicura nel quartiere.Una segnaletica che di certo non vuole essere un'alternativa o una aggiunta alla segnaletica vigente.
b) Un progetto educativo che ha coinvolto ragazzi delle terze medie e dei primi due anni degli istituti superiori con l'obiettivo principale di rendere i giovani più partecipi alla gestione della strada in cui vivono e sviluppare le loro capacità autoprotettive.
Oltre a fornire l'apprendimento relativo alle norme del codice stradale si lavora per incrementare i comportamenti di sicurezza sulla strada.
Nel corso " finalmente in sella " vengono proposte ai ragazzi varie tematiche sia a livello teorico (con l'ausilio di materiale audiovisivo) che a livello pratico (attraverso esercitazioni di guida o di manutenzione del mezzo).
L'esercitazione di guida del motorino viene realizzata con la collaborazione della Polizia Municipale di Roma. L'obiettivo principale del corso è quello di rendere i giovani più partecipi alla gestione dei problemi dell'ambiente (quartiere - strada) in cui vivono e sviluppare le loro capacità autoprotettive.
c) Corsi formazione su metodologie di educazione stradale per Vigili Urbani di Roma con la Scuola di Formazione della Polizia Municipale di Roma, per gli insegnanti delle scuole materne, elementari, medie inferiori e medie superiori che formano alla metodologia di educazione al rischio stradale propria dell'associazione.
Invece di continuare a progettare soluzioni per singole categorie, che rischiano di diventare emarginanti per le stesse categorie svantaggiate, serve:
integrare gli spazi per favorire l’incontro tra le generazioni;
attuare interventi capaci di tutelare il diritto alla mobilità pedonale e ciclabile, al gioco, all’incontro, alla sosta, anche in zone residenziali e non solo nei cosiddetti parchi verdi, dove si può andare di rado e principalmente nelle zone di periferia.
distribuire i servizi essenziali in modo che questi siano più raggiungibili dai cittadini, senza bisogno di mezzi motorizzati, favorendo così l’autonomia di ognuno.