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C.I.P. n. 22 - TERRITORIO
IL TEVERE, FIUME DI ROMA
Donatella De Rita
Docente in Vulcanologia presso il dipartimento di Scienze dell’Università Roma 3
Se dovessimo scrivere la storia dell’uomo potremmo farlo attraverso la descrizione del suo millenario rapporto con l’acqua ed in particolare con i fiumi. Le grandi civiltà del passato evocano immediatamente un legame indissolubile con un fiume: gli Egiziani con il Nilo (3000a.C.), i Cinesi con il Fiume Giallo (3000 a.C.), i Mesopotami con il Tigri-Eufrate (2400 a.C.), gli Indiani dell’India settentrionale con l'Indo (2500 a.C.), i Romani con il Tevere (700 a.C.). E sarebbe utile, ripercorrendo le tappe fondamentali dell’evoluzione di queste civiltà, rammentare che il loro destino fatale di declino è iniziato quando la risorsa idrica per varie ragioni è entrata in crisi o è stata male amministrata.
L’acqua risponde alle esigenze più elementari dell’uomo, quella di dissetarsi e di lavarsi, ma ben presto si è rivelata fonte per il sostentamento alimentare, mezzo di comunicazione fondamentale e risorsa di energia. Ma non basta, il fascino di un fiume sta anche nel ruolo fondamentale che l’acqua svolge nell’equilibrio dinamico del territorio: le acque modellano le pianure, trasportano materiale solido dalla montagna verso il mare, alimentano le falde acquifere sotterranee, creano zone palustri ed isole fluviali, laghi e stagni, costruendo l’habitat ideale per piante, animali e per l’uomo, ovviamente. I fiumi, dunque costituiscono il sistema arterioso della terra e sono per l’uomo un grande patrimonio culturale da salvaguardare e tutelare oculatamente.
I Romani erano profondamente coscienti di tutte queste verità ed hanno amato il loro Tevere fino a mitizzarlo e a considerarlo uomo vivo. In molti monumenti e nelle bellissime fontane di Roma spesso si nota una figura imponente, un vecchio dalla lunga barba bianca con il capo ornato da una corona di foglie appoggiato ad un’anfora dalla quale scaturisce l’acqua e che ha accanto a sé un remo, una cornucopia e due gemelli allattati da una lupa. Il vecchio imponente non è altri che l’antico Tevere già saggio, già artefice e patrono della Roma "caput mundi". Il rapporto tra i Romani e il Tevere è simile a quello tra padre e figli: un padre che ha elargito le risorse della vita permettendo la nascita e lo sviluppo di una civiltà di cui non esiste ancora l'uguale nella storia dell'uomo. Il Tevere, dunque, fu per i Romani elemento di vita in tutti i sensi: assicurava la risorsa idrica per la sopravvivenza, era via di comunicazione primaria e soprattutto era elemento di difesa. Indirettamente il Tevere con i suoi tributari nel tratto oggi urbanizzato è stato anche il responsabile della felice morfologia dell'area su cui sorse la città di Roma: i famosi sette colli rappresentano infatti le morfologie di antichi altopiani vulcanici incisi profondamente dall'erosione fluviale. Ed i colli che dominavano la vasta piana alluvionale del fiume furono i primi siti degli insediamenti che poi confluirono in Roma.
Per questo, quasi universalmente il Tevere è il fiume di Roma. Di questo fiume si conosce bene la storia e le leggende solo in relazione con l’Urbe, come se nascesse solo pochi chilometri prima della sua entrata in città. In realtà il Tevere ha un percorso ben più lungo ed un’origine lontana da Roma Nasce, infatti, nell'Appennino Tosco-Emiliano, dal Monte Fumaiolo, da un'altezza di circa 1268 m s.l.m. e attraversa la Toscana, l'Umbria ed il Lazio prima di sfociare nel Mar Tirreno all’altezza di Ostia. E’ il terzo fiume d’Italia per la lunghezza del suo percorso e secondo per l’ ampiezza del bacino idrografico (oltre 17.000 km 2).
Lungo il tragitto, all’interno dell’Appennino, il Tevere attraversa essenzialmente rocce sedimentarie di origine torbiditica, costituite da arenarie e marne della Formazione Marnoso-arenacea Tosco-Romagnola del Miocene ed arenarie quarzoso-feldspatiche del Paleogene, il cui prevalente orientamento NW-SE ne determina la direzione di scorrimento. Quindi nel suo tratto intermedio attraversa grandi valli inframontane di bacino occupate dai sedimenti lacustri di antichi laghi quaternari e alluvioni sabbiose. Infine nel suo tratto finale incontra i terreni vulcanici del Monte Amiata, dei Cimini e dei distretti vulcanici alkalino-potassici del Lazio.
Nel tratto urbano il Tevere si pone quasi a naturale suddivisone di due mondi: quello relativo ai depositi del distretto vulcanico sabatino a NW e quello relativo ai depositi del distretto dei Colli Albani a SE. Questo percorso attuale però è il risultato di una lunga lotta tra il fiume che scendendo dall’Appennino cercava il suo più diretto e naturale sbocco verso il Tirreno e l’azione dinamica dei due distretti vulcanici che eruttavano ingenti coltri piroclastiche in espansione sullo stesso territorio e che costringevano il fiume a cambiare percorso e modificare la sua foce a mare.
Una storia complessa e dinamica quella del Tevere: la storia di un fiume e del suo territorio continuamente soggetti nel tempo a modifiche più o meno drastiche in funzione della storia geologica del relativo pezzetto del pianeta Terra. I cambiamenti che si sono verificati in tempi lunghi rispetto alla capacità di osservazione dell’uomo, hanno lasciato tracce visibili la cui attenta analisi può permettere la ricostruzione delle fasi salienti dell’evoluzione dell’area.
Cambiamenti altrettanto drastici ma sicuramente più rapidi nel tempo e ben visibili negli effetti anche per l’uomo sono, invece, quelli che il Tevere durante la sua storia millenaria ha subito proprio ad opera dell’uomo stesso. Sono interventi determinati dalla necessità di utilizzare al meglio la risorsa "habitat fluviale" e che ha comportato modifiche dell’alveo e delle sponde, taglio dei meandri e arginature massicce. Registrare ed archiviare tutte le modifiche è un'impresa quasi impossibile; per farne un esempio concreto basterà ricordare la costruzione dei muraglioni che sembra aver radicalmente tagliato il cordone ombelicale tra la città ed il suo fiume.
Nella frenetica espansione urbanistica, oggi il Tevere per Roma sembra sempre più rappresentare un elemento di disturbo; la città ha ormai invaso l’alveo naturale del fiume ed appare sempre più evidente che di questo fiume vorrebbe dominare ed eliminare qualsiasi risveglio, ormai dimentica del ruolo primario che il fiume ha storicamente svolto durante la sua nascita, sviluppo, splendore e declino.