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I ponticelli di Civita di Bagnoregio

Archivio > Aprile 2014 > Territorio

C.I.P. n. 22 - TERRITORIO

I "PONTICELLI" DI CIVITA DI BAGNOREGIO (VITERBO)
di Tommaso Ponziani*, Giovanni Maria Di Buduo**

*Direttore del "Museo Geologico e delle Frane", Civita di Bagnoregio, Viterbo
**Geologo; Conservatore, Curatore, Responsabile dei Servizi di Documentazione del "Museo Geologico e delle Frane"



CIVITA DI BAGNOREGIO

A Civita di Bagnoregio e nella circostante "Valle dei Calanchi" (corrispondente alle valli del Rio Torbido e del suo affluente sinistro Fosso di Bagnoregio) i processi di modellamento della superficie terrestre sono caratterizzati da una intensità e da una velocità tali da tradursi in un "paesaggio vivente" di straordinaria bellezza e particolarità, tra i più affascinanti del territorio nazionale.
I versanti  sono costituiti da argille limoso - sabbiose e limi argilloso - sabbiosi di origine marina,  riferibili al Gelasiano - Santerniano, ricoperti da depositi vulcanici del "Distretto  Vulcanico  Vulsino" del Pleistocene Medio. I sedimenti marini si sono deposti nel "Graben del Paglia-Tevere", bacino estensionale sviluppatosi a partire dal tardo Zancleano in parziale contiguità ad est ai bacini intrappenninici di Rieti e Tiberino e al bacino Romano a sud. La costa si trovava una quindicina di chilometri circa verso est, in corrispondenza delle pendici della dorsale Monti Amerini - Monte Peglia, lungo cui si rinvengono depositi grossolani costieri in un ampio intervallo di quota (tra Orvieto Scalo, Colonnette di Prodo, Corbara, Baschi, Guardea), mentre l’area di Civita di Bagnoregio era rappresentata da un fondale marino profondo presumibilmente un centinaio di metri, su cui si accumulavano i sedimenti più fini portati a mare dai torrenti che solcavano le zone di alto strutturale.
Dopo l’emersione i depositi marini sono stati ricoperti dai prodotti del Distretto Vulcanico Vulsino, attivo  nell’intervallo di tempo compreso all’incirca tra 590 mila e 125 mila anni, e costituito da 5 complessi vulcanici: "Paleo-Vulsini" (circa 590-490 mila anni fa), "Campi Vulsini (circa 490-125 mila anni fa), "Bolsena-Orvieto" (circa 350-250 mila anni fa), "Montefiascone" e "Latera" (circa 280-140 mila anni fa).
Salendo il ponte che conduce a Civita sono ben visibili i prodotti vulcanici che, ricoprendo i depositi marini, costituiscono la base della rupe: tali prodotti vulcanici sono rappresentati da depositi fittamente stratificati in prevalenza da ricaduta riferibili al Complesso "Paleo-Vulsini", alternati a paleosuoli testimonianti lunghi intervalli tra una fase eruttiva e la successiva, e dal tufo litoide dell’ "ignimbrite di Orvieto-Bagnoregio", emessa circa 333 mila anni fa dal Complesso "Bolsena-Orvieto".


Fig. 1 – Civita di Bagnoregio e la Valle dei Calanchi (le frecce rosse indicano i "ponticelli")


Il particolare assetto geologico e l’approfondimento delle valli avvenuto in particolare durante l’ultimo stazionamento basso del livello marino (circa 18 mila anni fa durante l’ultimo acme glaciale) hanno condotto ad una rapida evoluzione dei versanti legata a fenomeni complessi interagenti fra loro; tali fenomeni di instabilità si manifestano attraverso molteplici tipologie di frane, sia per quanto riguarda i meccanismi di movimento, che  per le velocità e i materiali coinvolti.
L’evoluzione del paesaggio assume in alcuni luoghi una rapidità e una spettacolarità uniche, come per esempio nella zona dei "ponticelli", una sottile cresta argillosa in prossimità del borgo i Civita, caratterizzata da pareti verticali alte alcune decine di metri, su cui gli abitanti del luogo transitavano per raggiungere i campi; lo smantellamento operato dall’erosione ha impedito il passaggio nel giro di poco tempo, come testimonia di seguito il Prof. Tommaso Ponziani.



Fig. 2 – Civita di Bagnoregio e i "ponticelli" (foto: www.luanamonte.com)


I PONTICELLI PERDUTI

All’inizio degli anni ’60, quando avevo 14-15 anni, i ponticelli erano la temeraria porta d’accesso di un mondo ignoto e affascinante da esplorare con indomito spirito d’avventura: la Valle dei Calanchi, che allora, con gli occhi di un giovane ragazzo, mi appariva selvaggia e quasi sconfinata.
Ci si addentrava nella valle guidati dai ragazzi più grandi di qualche anno (ricordo gli amici Vittorio Mangione e Franco Gatti), percorrendo di corsa quella stretta e ardita lama di argilla quasi sospesa nel vuoto; ricordo che era larga all’incirca un paio di metri ed era ricoperta da traversine della ferrovia, sistemate per agevolare il passaggio. Già allora però il percorso non era integro: a volte durante la corsa ci si trovava euforici col cuore in gola a fare un salto per evitare una traversina mezza franata o addirittura una buca che si spalancava sull’abisso.



Fig. 3 – I "ponticelli" negli anni ’50

Era necessario guardare lontano se qualcun altro stava percorrendo, magari a dorso di mulo, i ponticelli in senso contrario: in tal caso, con un tacito accordo, chi si trovava in prossimità di un punto più largo doveva aspettare per facilitare il reciproco passaggio, evitando così che l’incrociarsi fosse ancora più pericoloso di quanto non lo fosse già.
Le persone facevano spesso avanti e indietro non solo per puro divertimento come noi, ma anche e soprattutto per recarsi a coltivare i campi e a governare gli animali facendo un tragitto molto più breve rispetto alla strada normale.
Purtroppo già verso la fine degli anni ‘70 era diventata una (triste) consuetudine arrivare ogni tanto fino al "montijone" (uno sperone di roccia tufacea subito prima dei ponticelli) a constatare lo stato di smantellamento della cresta, su cui ormai era impossibile avventurarsi.

Vedere i ponticelli come sono ridotti oggi mi procura un tuffo al cuore: un senso di nostalgia per i giorni spensierati della mia giovinezza a Bagnoregio, e una sensazione di profonda inquietudine per la caducità di un incantevole territorio, la cui metamorfosi nel corso degli anni incanta e al tempo stesso rattrista perché a volte conduce alla perdita dei luoghi dei bei ricordi.

Per saperne di più:
www.museogeologicoedellefrane.it



Fig. 4 – I "ponticelli" nel 1969 (foto: E. Ramacci) e oggi




Fig. 5 – I "ponticelli" oggi (foto: www.luanamonte.com)



 
 
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