Il ruolo degli operatori del soccorso psicosociale - Conosco Imparo Prevengo

PSICOLOGIA DELLE EMERGENZE, PROTEZIONE CIVILE, SICUREZZA, TERRITORIO
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Il ruolo degli operatori del soccorso psicosociale

Archivio > Agosto 2007 > Protezione civile e volontariato

C.I.P. n. 2 - PROTEZIONE CIVILE E VOLONTARIATO

IL RUOLO DEGLI OPERATORI DEL SOCCORSO PSICOSOCIALE
Rita Di Iorio
(Referente gruppo Psicologi dell'Emergenza dell'Ordine degli Psicologi del Lazio, Presidente Psic-AR)

Come ho già anticipato nella prima parte dell’articolo in Cip n. 01, i soccorritori operano in situazioni angoscianti e drammatiche a stretto contatto con persone ferite, disperate e per questo bisognose di un forte punto di riferimento che cercano proprio nella figura del volontario.
Al di là delle ovvie differenze dovute alla situazione e ai ruoli diversi che in questa ricoprono, una vittima ed un operatore del soccorso si differenziano nettamente per quanto riguarda la gestione delle proprie emozione durante l'evento drammatico : il superstite può sfogare i suoi sentimenti (dolore,  rabbia, disperazione, aggressività, infelicità) con tutti coloro che gli sono vicini, il soccorritore non può farlo. Quest'ultimo, al contrario della vittima, deve cercare di controllare ogni emozione possibile e tentare di attivare tutte le proprie difese mentali, non sempre adeguate allo scopo, per proteggere il proprio equilibrio psicologico e garantire l’efficacia del proprio intervento.
Per questo l’intervento nelle situazioni di emergenza può avere degli effetti considerevoli sui soccorritori, come ad esempio scatenare reazioni difficili da controllare, evocare paure profonde sopite, ricordi spiacevoli rimossi, vecchi traumi mai digeriti, fino a disorientare e a volte destrutturare psicologicamente  in maniera seria e permanente.
Pearlman e Saakvitne hanno definito questa esperienza con il termine " traumatizzazione vicaria" ( Vicarious Traumatization) : una sorta di trauma secondario  che potrebbe nel soccorritore modificare il sistema di riferimento interno , intaccando la fiducia in sé, la sicurezza interna, i sistemi di difesa ed autocontrollo.
Secondo la mia esperienza, il trauma subito dal soccorritore in situazioni di emergenza gravi può essere definito di tipo primario, simile a quello che subisce la vittima.
E’ opinione condivisa in ambito scientifico che gli eventi calamitosi causino sia nel soccorritore che nella vittima diversi disturbi psicologici (affettivi, comportamentali e psicosomatici).
L'ansia dei soccorritori di rispondere ai bisogni primari della popolazione colpita porta a trascurare le proprie reazioni emotive, eppure essi possono essere soggetti a:  

  • Massiccia identificazione con le vittime;

  • Tristezza, dolore, depressione, impotenza;

  • Disturbi del sonno, riproposizione di scene traumatiche;

  • Preoccupazione eccessiva per la sicurezza dei propri cari, minore risonanza emotiva verso  familiari e amici;

  • Inadeguatezza, diminuzione della fiducia in se stessi e negli altri, vulnerabilità emotiva;

  • Confusione, minore concentrazione, tendenze suicidarie.


Trascurare le proprie reazioni emotive può portare al rischio di invalidare il lavoro dei soccorritori sul piano concreto e fisico, può produrre gravi depressioni, comportamenti suicidari, angosce terrifiche che
possono fare aggravare fisicamente i superstiti  e i soccorritori.
Qualsiasi impegno eccessivo e prolungato può incidere sulle risorse mentali e fisiche scatenando ansia cronica - PTDS -  Burn-out.
Ci sono, poi, dei periodi nei quali il soccorritore può ritrovarsi in situazioni personali e familiari particolari tali da renderlo molto più sensible allo stre ss, come:

  • Morte del coniuge

  • Divorzio

  • Separazione

  • Morte di un familiare

  • Infortuni o malattie personali

  • Matrimonio

  • Nascita di un figlio

  • Licenziamento-sospensione dal lavoro del partner o familiare.


Quando sorgono i primi segni di allarme, come disturbi del sonno o dell’alimentazione, stanchezza e spossatezza, aggressività diretta verso se stessi e verso gli altri, tendenza al pianto, disinvestimento lavorativo, chiusura sociale, sogni ricorrenti relativi alla situazione stressogena vissuta, quando si avverte che non ci si sente come al solito significa che diventa necessario chiedere aiuto agli amici o a persone competenti.
I segnali di allarme non sono segnali di debolezza e farsi curare rappresenta un segno di forza, di coraggio e di affetto nei propri confronti e nei confronti dei propri familiari.
Al primo segnale di ceimento la prima cosa fondamentale e necessaria da fare è prendersi cura di se stessi, seguendo dei piccoli accorgimenti che permettono di stare meglio :

  • Cercare di riposarsi il più possibile e mangiare bene;

  • Non cercare di fare troppo;

  • Non prendere la rabbia o la frustrazione come un fatto personale;

  • Fare attenzione alla vittimizzazione secondaria e all’identificazione con la vittima;

  • Lavorare preferibilmente in gruppo;

  • Parlare, parlare, parlare;

  • Farsi sostenere emotivamente da persone vicine.


Se i sintomi continuano a persistere per più di 4 settimane ci si potrebbe trovare di fronte alla diagnosi di sintomi da Stress Post-traumatico ed  allora è consigliabile ricorrere all' intervento di un professionista, fare una visita medica, chiedere un colloquio psicologico, se necessario iniziare una terapia psicologica con o senza terapia farmacologica, oppure ricorrere ad una terapia breve ( tecniche di rilassamento, psicoterapia breve psicodinamica), oppure se necessaria ricorrere  ad una terapia farmacologica.
Per affrontare maggiormente preparati, dal punto di vista psico-comportamentale, gli scenari traumatizzanti e subire meno gli effeti del post emergenza è fondamentale che il soccorritore si prepari  preventivamente, come si suol dire in tempi di pace, ad imparare a sostenere l'impatto emotivo con le persone traumatizzate e sofferenti. A questo scopo, imparare tecniche specifiche di soccorso psicosociale è senz' altro utile per aiutare in maniera più appropriata la popolazione colpita ( adulti, bambini, handicappati, ecc., soggetti in preda all’ansia, al panico, alla confusione mentale, alla disperazione o altro), in modo da sentirsi più utili e adeguati nel soccorrere. Inoltre, apprendere specifiche tecniche di rilassamento può aiutare nel gestire le proprie ansie e tensioni durante l’intervento in emergenza.
Con una proposta seria di formazione psicoemotiva continua, i soccorritori potrebbero acquisire la capacità di mitigare le caratteristiche disfunzionali personali e potrebbero contemporaneamente sviluppare le potenzialità positive personali e professionali.
Tutti i soccorritori, compresi gli psicologi, dovrebbero avere come riferimento un équipe di psicologi pronti a sostenerli durante e dopo l’emergenza ed un sistema psico-sanitario capace di monitorare anche a distanza di tempo le reazioni di tutti coloro che sono intervenuti nell’emergenza.

(seconda parte, tratta dalla relazione presentata al convegno : "L’assistenza psicologica agli operatori del soccorso- pratiche a confronto" , del 19 maggio 2007)


 
 
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