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Emozioni e risposte psicosomatiche

Archivio > Aprile 2010 > Psicologia delle emergenze

C.I.P. n. 10 - PSICOLOGIA DELLE EMERGENZE
EMOZIONI E RISPOSTE PSICOSOMATICHE
Gabriele Paragona
Psicologo

Il presupposto della presente testimonianza è che in situazioni drammatiche quale l’essere stati coinvolti in un fenomeno imprevedibile e ingestibile quale un terremoto, si attivino delle risposte istintuali violente e parossistiche, a livello emotivo e somatico (paura, e/o tremori incontrollabili, vertigini, ecc.).
È necessario fare una piccola premessa riguardante la natura delle emozioni e dei loro effetti sul soma.
Il primo assunto è che tutte le emozioni sono la manifestazione, percepibile a livello della coscienza, di istinti fondamentali per la conservazione della nostra specie.
Di per sé, anche quando producono dei sintomi sgradevoli per la coscienza, hanno una funzione positiva in quanto ci dovrebbero far reagire a uno stressor nel modo più idoneo e più rapido, molto prima di poter valutare razionalmente quale strategia scegliere, per allontanarci da una situazione pericolosa.
Tali reazioni "naturali" sono funzionali a far allontanare le vittime dalla zona a rischio per molteplici ragioni quali: il timore di perdita dei beni, un parente disperso, ecc., non sempre possono essere agite.
Di conseguenza, in alcuni casi, il legittimo timore, che il sisma suscita degenera (se la reazione di fuga non viene assecondata) in una manifestazione di tipo psicosomatico. Questa è caratterizzata da un tremito incontrollabile percepito come una reiterazione dello sciame sismico anche in zone distanti da quelle in cui i fatti sono accaduti, in alcuni casi con manifestazioni paragonabili ai sintomi di una labirintite.
Il secondo assunto, è che non tutte le manifestazioni emotive sono simili e ve ne sono tante quante sono le situazioni in cui i soggetti si trovano e quali siano le risposte automatiche ai vari tipi di stressor.
Distinguiamo però due tipi di risposte fisio-emozionali provocate rispettivamente da emozioni contrattili ed emozioni espansive: le emozioni considerate dolorose e non, inducono uno spasmo fisiologico automatico nella loro regione emozionale associata.
Definiamo questo fenomeno: Spasmo Automatico di Risposta allo Stressor (SARS) che sottopone la regione a una tensione locale che è, o può essere decodificata come dolorosa.
Prima domanda da porci: È proprio vero che esistono emozioni negative in assoluto? O la valutazione negativa, di fatto, è solo un’interpretazione del SARS e delle sue manifestazioni cenestesiche che non siamo in grado di riconoscere e utilizzare.
A riprova di ciò è risaputo che per alcuni, anche le sensazioni piacevoli, quali un orgasmo o uno stato di eccitazione o, addirittura, di amore che dovrebbero provocare una risposta fisio-emozionale espansiva, se troppo intense, possono dar luogo ad una lettura distorta delle sensazioni connesse (tipo il rilassamento muscolare, la vibrazione orgastica degli adduttori, il battito cardiaco accelerato, ecc.), a cui si possono correlare contrazioni dolorose come accade per il vaginismo, gli orgasmi dolorosi, ecc.
Se tali  vissuti emozionali sono collegabili a comportamenti ritenuti sconvenienti o illegittimi nel contesto socio-culturale in cui tali soggetti sono stati educati, può verificarsi una risposta contrattile involontaria come la paresi dei muscoli mimici delle arcate sopraciliari per i giapponesi, o manifestazioni quali le anoressie o le bulimie in base a valutazioni super egoiche e/o suggestioni socio-culturali.
In questi casi è possibile verificare l’esistenza di una tensione regionale: che colpisce il corpo localmente più che irradiarsi al corpo intero.
Già Wilhelm Reich in tal senso aveva individuato quelle che chiamava "corazze caratteriali" e, reazioni neurologiche chiamate appunto, "Bande di Reich" che si manifestano quando una regione emozionale è sottoposta a una tensione locale cronicizzata.
La perfusione sanguigna e, presumibilmente anche la linfatica, si riducono e gli organi della regione sono danneggiati dalla diminuzione di ossigeno, nutrienti, polipeptidi, difese immunitarie e da altri fattori drenanti.
Viceversa quando un centro emozionale esperisce apertamente  un’emozione espansiva (rabbia, amore, gioia, purché leciti nella socio-cultura di appartenenza) la perfusione sanguigna e linfatica regionale è maggiore.
Questo spiega come mai la cute sia rosea durante l’esperienza di un’emozione con risposta espansiva e pallida o grigia durante l’esperienza di un’emozione con risposta contrattile.
Come dicevo le emozioni coinvolgono tutto il nostro corpo, condizionano la nostra comunicazione non verbale, quando ci investono sembrerebbero partire e irraggiarsi, anche se in maniera velocissima da regioni precise nel nostro tronco.
Per i nostri fini definiamo tali settori del corpo Regioni emozionali e, al loro interno, ipotizziamo l’esistenza di centri a valenza essenzialmente funzionale e non anatomica.
Nulla di nuovo o di strano; per i più attenti tra i lettori è anche possibile che siano riusciti a localizzare in modo specifico ciascuna di queste regioni nel proprio corpo.
Ma torniamo al tema riguardante gli effetti di un sisma in alcuni soggetti particolarmente reattivi.
Qualche anno fa, e precisamente nel 1997, la regione dell’Umbria venne colpita da una serie di terremoti che produssero molti danni agli edifici, ma che di fatto provocarono un numero limitato di vittime.
La reiterazione di queste sequenze sismiche fu però tale da provocare in soggetti particolarmente sensibili, uno stato di allertamento e di tensione che non interessava solo gli aspetti psicologici di una comprensibilissima paura, ma  che si manifestava, a distanza di giorni dall’evento, con un tremore fisico inarrestabile e che non era frutto di una auto suggestione, ma era percepibile a livello tattile poggiando le mani in qualsiasi parte del loro corpo anche se in modo appena avvertibile.
In altre zone del loro corpo, in particolare nella zona a cavallo tra il plesso solare e il cuore, il tremore era molto più evidente e interessava anche la muscolatura degli arti inferiori.
In quell’occasione mi furono inviate da alcuni colleghi della zona, diverse persone che non reagivano alle tecniche di rilassamento o ai colloqui clinici forniti da loro stessi o dai volontari del servizio civile.
Il feed-back di queste persone, a livello cognitivo, faceva riferimento alla convinzione di continuare a trovarsi in una perenne situazione sismica, per cui il tremore del loro corpo non veniva percepito come un dato soggettivo da essi stessi, sia pure involontariamente, prodotto; ma come una situazione oggettiva esterna dipendente dallo sciame sismico in corso.
Di fatto, dopo le  scosse dei primi due giorni e uno sciame sismico nemmeno molto intenso, la crisi di panico avrebbe dovuto rientrare anche perché, come era accaduto per la maggioranza della popolazione, non esistevano più situazioni di rischio in quanto tutti erano stati sistemati in abitazioni di fortuna quali tende, roulotte e prefabbricati più che sicuri dal punto di vista dei crolli.
Per questi soggetti accadeva che il loro corpo conservava, riproducendola, la memoria del sisma ancorato a un tremore interno.
Produrre uno stato di rilassamento poteva essere l’unica alternativa per risolvere il problema.
Ma rilassare, in che modo? E soprattutto con quali strumenti? Le terapie farmacologiche, a loro dire, avevano dato risultati insoddisfacenti, anche perché, se inizialmente producevano il sonno, dopo qualche ora i soggetti si risvegliavano percependo il tremore del loro corpo come una nuova scossa sismica.
Qualcosa di simile, anche se non in seguito a fenomeni naturali, si era verificato in una cittadina della Scozia dove uno squilibrato aveva ucciso degli alunni di una scuola.
Molti degli abitanti di questa cittadina anche se non direttamente coinvolti nella tragedia avevano cominciato a manifestare dei disturbi emozionali, quali coliti spastiche, stato di angoscia e tra l’altro tremori incontrollabili, che vennero diagnosticati come la conseguenza di uno chok, derivato da una paura mortale.
Questa perdita di sicurezze per i cittadini scozzesi, mutatis mutandis, era paragonabile a uno stato di eccitazione e di sollecitazione muscolare simile a quello di un atleta che pronto a scattare ai blocchi di partenza aspetta il colpo di pistola segnale del via e, nel loro caso, era riconducibile al terrore che il fatto aveva prodotto all’ansia che potesse ripetersi.
In tale circostanza, tra le varie attività di sostegno psicologico proposte alle famiglie direttamente interessate o comunque colpite da questa sindrome, alcuni colleghi inglesi, che stavano sperimentando una terapia di rilassamento fisio emozionale, offrirono gratuitamente i loro servigi ottenendo degli ottimi risultati in quanti si erano sottoposti al loro intervento.
Memore di questo episodio proposi alle persone che mi erano state inviate, per i disturbi suddetti, di sottoporsi a un trattamento che negli ultimi anni avevo messo a punto e che rappresentava la logica evoluzione della terapia di rilassamento sperimentata dai colleghi anglosassoni.  

Si consideri il clima di terrore che era stato scatenato dalla prima, e poche ore dopo, dalla seconda scossa e come, presumibilmente, per questi soggetti il ripetersi delle scosse sismiche e l’impossibilità di sottrarsene allontanandosi avevano provocato un innalzamento altissimo del livello di stress senza che nessuna possibilità di azione, in quel caso di fuga, potesse essere attuato nei termini di risposta, in tempi reali, allo stimolo.
Sappiamo che una delle zone di percezione somatica delle emozioni generate da paura mortale riguarda la zona perineale, con conseguente perdita di controllo degli sfinteri, sindrome che per i paracadutisti ai primi lanci è nota come sindrome di Pukker.
Un’altra zona che ha a che vedere con la paura e con sciami di pensieri che la rialimentano, riguarda la zona del plesso solare ed è noto che la sintomatologia ansiosa si manifesta a livello epigastrico e del grosso intestino.
Sulla base di questi presupposti, ne derivò che il primo intervento da attuare fosse quello di rilassare in maniera specifica queste zone per poi procedere, se necessario, ad altri tipi di terapia.
Sulla base di questo tipo di analisi fu preparato un protocollo di intervanto mirato a ottenere il rilassamento specifico di queste zone somatiche.   
Di fatto, non appena fu possibile intervenire rilassando le zone comprese tra il plesso solare e la zona perineale, dopo una o al massimo due sedute il problema fu risolto.
Mi si potrebbe obiettare che non è chiaro quale possa essere il fattore terapeutico che permette di raggiungere dei risultati in maniera così rapida e duratura.
Studi recenti hanno dimostrato che, nei primati, sulla base dell’analisi del liquido rachidiano sovraccarico di adrenalina noradrenalina, dopo il grooming questi peptidi erano stati sostituiti da endorfine ed encefaline, meglio noti come oppiati endogeni.
In questa sede non ritengo sia il caso di dare eccessive spiegazioni sulla terapia utilizzata e rimando gli interessati a documentarsi visitando il sito:  
lt www.liveterapia.com, in questo breve resoconto, semplicemente, suggerisco che l’intervento effettuato possa essere assimilato a un "grooming", nient’altro che un banalissimo "spulciamento", ma con un preciso "come", e un ancora più mirato "dove".

1 W.Reich, La teoria dell’orgasmo, Lerici Ed., Milano 1965.

   W.Reich, Analisi del carattere, Sugar Ed., Como 1982  

2 SHEN: Specific Human, Emotional  Nexus.

3 Gabriele Paragona, Terapia di rilassamento fisio emozionale LiVE (Liberazione della Vita Emozionale) , Roma 2007, <www.liveterapia.Com>.



 
 
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