Menu principale:
C.I.P. n. 12 - PSICOLOGIA DELLE EMERGENZE
EMERGENZA E … LETTERATURA
È il mio cuore il paese piu’ straziato
Michele Grano
Psicologo dell’Educazione e dell’Età Evolutiva, Socio PSIC-AR
Nel corso della storia, l’uomo ha raccontato attraverso le varie forme d’arte le reazioni proprie e altrui di fronte ad avvenimenti traumatici, cercando di dar voce alle emozioni e ai pensieri scaturiti in seguito all’esposizione a diversi eventi rovinosi.
Questa nuova rubrica nasce con l’intento di rinvenire tali tracce all’interno delle opere letterarie e raccoglierle in un percorso, si spera ampio e arricchente, per quanti si interessano di traumatologia ed emergenza. Il punto di vista dell’artista, infatti, rappresenta un osservatorio privilegiato sulle dinamiche interne e le risposte psichiche dell’uomo coinvolto in questo genere di sconvolgimenti.
La prima proposta è San Martino del Carso, splendido componimento poetico di Giuseppe Ungaretti, contenuto nella raccolta L’Allegria (1914-1919). La guerra è una delle tematiche ricorrenti del poeta, ma la scelta è caduta non casualmente su questo testo che ribadisce con forza la centralità degli aspetti psichici ed esistenziali di ogni uomo in situazioni di crisi o emergenza.
SAN MARTINO DEL CARSO
Giuseppe Ungaretti
Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro
Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto
Ma nel cuore
nessuna croce manca
È il mio cuore
il paese più straziato
Valloncello dell’Albero Isolato il 27 agosto 1916.
Nati nelle trincee del Carso durante il primo conflitto mondiale questi versi raccontano la desolazione di un paese distrutto, ridotto letteralmente a brandelli dalla violenza della guerra. Il poeta descrive in maniera scarna e profonda uno scenario di morte di fronte al quale prova un senso di smarrimento e di dolore e di solitudine.
Le case sanguinano come cuori, i cuori si sgretolano come case. Nella tensione di queste immagini è racchiusa la tragicità di un’esistenza schiacciata dal dolore; un dolore troppo grande che sembra coinvolgere l’intero cosmo e nello stesso tempo così privato da rimanere in gola come un grido inespresso. Paesaggi esterni e paesaggi interiori si richiamano a vicenda, fin quasi a fondersi in un processo osmotico in cui non è più possibile distinguere i diversi piani della devastazione.
Tuttavia, quando ogni speranza sembrerebbe annientata, sopraggiunge un "ma" che lascia presagire un passaggio, forse una svolta: «Nel cuore nessuna croce manca».
Il cuore dell’uomo, spazio di memoria e di compassione, è il motore di questa svolta. Il «buio cuore disperso» che «ha bisogno di qualche ristoro» (come avrà a esprimersi Ungaretti in un componimento di poco successivo) seppur ferito e lacerato rappresenta il primo luogo in cui quel dolore può riconciliarsi. È il nucleo in cui è possibile ritrovare un senso di condivisione umana che sembrava del tutto smarrito.
Ecco che la fragilità dell’uomo si trasforma misteriosamente nella sua forza, e la sofferenza diviene germinale elemento di ricostruzione. Il dolore pianta croci nel petto, ma – sembra dirci il poeta – proprio attraverso quegli squarci che straziano il suo cuore inizia a trapelare un filo di luce. È questa capacità del suo cuore che può permettergli di riprendere il viaggio «come dopo il naufragio un superstite lupo di mare».
In questa poesia Ungaretti esprime lo smarrimento che è proprio di ogni uomo che si trova a vivere in maniera improvvisa e violenta le circostanze dolorose di una catastrofe (perdita di persone care, privazione di luoghi ed oggetti importanti, scomparsa di abitudini e sicurezze, esposizione a morte e mutilazioni, distruzione) che possono comportare esiti traumatici estremamente vari e complessi. l’esondazione più grave, il sisma più disastroso è quello che avviene dentro. Tali parole sembrano riecheggiare la condizione che Ungaretti è riuscito a descrivere in quell’unico verso – grandezza della poesia – sgorgato nell’agosto del 1916 tra i recessi di una roccia carsica: «È il mio cuore il paese più straziato».
Chi opera nelle diverse situazioni d’emergenza sa che ancora oggi, molto spesso, si tende a tralasciare gli aspetti emotivi e cognitivi ad esse legati, per dedicare attenzione esclusiva agli aspetti fisici e materiali che – per quanto indubbiamente urgenti e prioritari nelle primissime fasi di ogni emergenza – non devono far dimenticare la "ricostruzione" psichica e il "rifornimento" emotivo di cui necessitano le persone coinvolte in eventi traumatici (Di Iorio e Biondo, 2002, p. 21). La poesia di Ungaretti richiama alla memoria i bisogni psicologici, di sostegno umano, di relazione, che sono bisogni primari fondamentali al pari di quelli "tangibili".
Quanti si occupano di supporto in emergenza intervengono per fornire proprio il necessario sostegno alle vittime o agli operatori di soccorso che possono vivere un forte disagio psichico. Attraverso la costruzione di relazioni empatiche e accoglienti essi aiutano le vittime a farsi carico del loro dolore: se la persona si sente compresa e protetta può iniziare a sostenere il dolore del trauma (Lantz e Lantz, 2001, p. 70), una strada dura al principio ma che si rivela liberatoria e che contribuisce a ridurre e trasformare la sofferenza, favorendo la riparazione delle case e delle mura crollate nel cuore.
BIBLIOGRAFIA
Di Iorio R., Biondo D. (2002), La proposta del Centro Alfredo Rampi – Onlus per la gestione delle emergenze ambientali, in "La professione di psicologo. Giornale dell’ordine degli psicologi", vol. 5, pp. 20-22.
Lantz J., Lantz J. (2001) , Trauma therapy: a meaning centered approach, in "The International Forum for Logotherapy", vol. 24, n. 2, pp. 68-76.