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C.I.P. n. 19 - PSICOLOGIA DELLE EMERGENZE
L'INTERVENTO DI SUPPORTO PSICOLOGICO IN PRONTO SOCCORSO
Una riflessione sull’esperienza in un contesto di emergenza-urgenza
Giuseppina Corno
Psicologa clinica, Psicoterapeuta in formazione, Psicologa di PSICAR
L'articolo si propone di resocontare la funzione psicologica all'interno di un reparto di emergenza-urgenza, quale il Pronto Soccorso, che ha ben pochi precedenti in ambito nazionale. L’obiettivo è di divulgare l'importanza di un intervento concreto volto a facilitare la relazione tra operatori sanitari, paziente e familiari, ma soprattutto, focalizzato sulla "presa in carico" della persona e dei suoi bisogni nella sua globalità, in modo da attivare processi, attraverso i quali, il sistema sociale e il sistema sanitario acquistano e conservano una " funzionalità unitaria" centrata sulla persona.
Il PS è il "porto urbano" dell’emergenza-urgenza, dove approdano pazienti e/o loro parenti che sperimentano situazioni di distress, generato da vissuti quali angosce, paure, preoccupazioni, forti stati d’ansia, dolore fisico e psichico, sofferenza, panico e sensazione di perdita di controllo sugli eventi.
A questi possono accompagnarsi anche stati di rabbia e frustrazione, di fronte alla minaccia di perdita della propria identità e un senso di spaesamento, spesso vissuto dalla persona come perdita del proprio confine corporeo e disorientamento spazio-temporale.
L’intervento psicologico in Pronto Soccorso si pone un duplice obiettivo: da una parte soddisfare i bisogni psicologici di pazienti e familiari che vi si rivolgono, secondo un’ottica psico-sociale, dall’altra di alleviare il carico di lavoro di medici e operatori sanitari nei casi di pazienti e familiari con bisogni e vissuti psicologici difficili da gestire.
Trabucco G., Buonocore F., (2007), nel testo "Pronto Soccorso Triage" riferendosi al concetto di umanizzazione delle cure considerano l’intervento psicologico nell’emergenza non come sostitutivo di quello psichiatrico, bensì come espressione di una modalità di accoglienza della sofferenza psichica dei pazienti e dei loro familiari, che consenta di prevenire l’impatto potenzialmente traumatico dei danni subiti, di qualsiasi natura essi siano. Gli autori, inoltre, propongono un approccio globale ai problemi del paziente ed in questa prospettiva la presenza continuativa dello psicologo, in corridoio o nello studio, rappresenta lo spazio di elaborazione del vissuto soggettivo che controbilancia una necessaria oggettivazione dell’intervento medico. Lo psicologo, inserito nello staff del PS, svolge anche la funzione di trait-d’union nei confronti dei familiari, sostenendoli nelle informazioni sul percorso ospedaliero, sulle procedure diagnostico-terapeutiche adottate e sui percorsi di cura; li aiuta, inoltre, a fronteggiare le angosce e i sentimenti di impotenza che si sviluppano, specie di conseguenza alle comunicazioni più destabilizzanti.
Una precoce assistenza psicologica, permette all’individuo di elaborare l’esperienza traumatica; in assenza di elaborazione, l’individuo è condannato, quasi sempre, agli effetti deleteri del Post Traumatic Stress Disorder (van Der Kolk et al. 1996; Sgarro, 1997; Infrasca, 1995), che non si risolvono naturalmente, ma al contrario tendono a cronicizzarsi. Secondo il modello psicodinamico, l’impatto degli eventi traumatici sulla mente umana, può essere compreso e curato solo se si riesce ad aiutare la persona a capire il significato profondo di ciò che ha vissuto, correlando l’esperienza traumatica attuale a quelle del passato, inerente i traumi infantili (Di Iorio R., Biondo D., 2009).
Per comprendere il trauma, dunque, non basta considerare la forza del trauma esterno ma è fondamentale comprendere l’impatto che tale trauma ha sul soggetto.
L’intervento proposto si è basato su alcuni concetti fondamentali: "relazione", "empatia", "ascolto" e "informazione"
L’accoglienza è la prima fase di approccio al paziente e ha lo scopo di rassicurare sul fatto di essere in un ambiente "protetto" e di cura. Per realizzare una relazione di aiuto, si fa ricorso a quelle che Truax e Carkuff (1967) considerano le qualità primarie che un terapeuta dovrebbe avere per facilitare il contatto con il paziente: empatia, cordialità, ovvero accettazione incondizionata, genuinità (Gadza, 1985, 27).
In Pronto Soccorso, data la brevità del tempo a disposizione per instaurare un contatto psicologico col paziente, si fa ricorso principalmente a empatia e accettazione incondizionata. Empatia, intesa come capacità di cogliere i vissuti emozionali del paziente, ovvero come capacità di accettare e fare proprio il vissuto emozionale altrui evitando la fusionalità e mantenendo la differenziazione tra le persone (Masini, 1996, 22). E’utilizzata in fase di accoglienza sia per instaurare una relazione di aiuto, in cui il paziente coglie l’atteggiamento di comprensione del sintomo da parte dello psicologo, sia come strumento che permette al terapeuta di cogliere ciò che non è espresso verbalmente. Accettazione incondizionata: atteggiamento attraverso cui lo psicologo trasmette un profondo e sincero interesse per il paziente come persona, un interesse non contaminato né da pregiudizi sulla persona (sesso, razza, età..) né da pregiudizi sulle idee e sui comportamenti del paziente (Carkhuff, 1989, 22ss).
Sia l’atteggiamento empatico che quello di accettazione incondizionata vengono trasmessi al paziente tramite l’utilizzo di tecniche di comunicazione verbale, paraverbale e non verbale. In particolare, si fa ricorso a tecniche di ascolto attivo, di verbalizzazione empatica e di rispecchiamento dei sentimenti (cfr. Carkuff, 1989; Gadza, 1985; Franta-Salonia, 1981).
Il Sostegno Psicologico in PS promuove l’espressione verbale delle emozioni e delle sensazioni, facilita il contatto con le dinamiche emozionali interne, agevolando nell'individuo la riorganizzazione mentale e l’individuazione di risorse e strategie personali adeguate.
In un contesto di emergenza, le dimensioni di spazio e di tempo non presentano carattere di un contesto di setting definito. Il limite più significativo riscontrato in Pronto Soccorso è stato quello di non avere a disposizione una stanza predisposta a sportello psicologico; la presenza dello psicologo è stata prevista nell’area Triage, nelle sale ambulatoriali e d’emergenza, nei corridoi, spesso affollati, nella sala d’attesa di parenti e amici o in uno spazio non protetto adibito come sala colloqui per la comunicazione di notizie cliniche tra medici e familiari. La compresenza di molti utenti nella stessa sala d’attesa assume un notevole rilievo nell’impostazione e nella gestione dell’interazione e della privacy. Allo stesso tempo, è importante, anche, rispettare in modo significativo, lo spazio di ogni altro operatore che vi lavori, non essere d’intralcio, ma di porsi in una posizione di servizio e aiuto per alleviare il carico di lavoro. L’esperienza vissuta ha permesso di affinare una metodologia e di individuare un quadro di riferimento interno che modellasse il setting classico in un ambito di emergenza. Un prezioso strumento individuato, da attuare in ogni intervento, è stato lo sguardo. L’osservazione dei volti, rappresentanti dei più diversi e variegati vissuti emotivi, ha guidato l’intervento nel regolare la giusta distanza/vicinanza relazionale, che si esplica con l’accoglienza, il sostegno, gli sguardi, la presenza del professionista in quel preciso momento e luogo, con quella persona.
Gli utenti che accedono in PS, vivono la propria condizione come spiazzante, destabilizzante e di grande incertezza rispetto a ciò che seguirà. La dimensione del tempo assume carattere di sospensione. E’ importante che lo psicologo colga il bisogno del paziente di comprendere ciò che gli sta succedendo, di capire l’iter diagnostico, di potere esprimere le proprie paure e di essere ascoltato e contenuto nelle proprie emozioni.
Come può essere vissuto il tempo dagli utenti in PS? Si è ipotizzato che dentro di loro tutto avvenga a due velocità: quella della realtà esterna, che appare percepita come rallentata e ovattata, a causa del senso di sospensione trasmesso dall’attesa e dal luogo asettico; e quella della realtà interna, in cui si scatenano quasi immediatamente elementi tra i più primitivi ed estemporanei, che le persone manifestano in maniera soggettiva.
E’ un tempo che assume una dimensione dilatata, a causa dell’attesa e dell’incertezza della propria condizione, fatto che spesso si è notato generare un profondo senso di impotenza nell’utente, rispetto agli eventi. Il dialogo e la relazione che si creano tra psicologo e paziente sono intrisi di questi elementi e hanno la funzione di trasformare una condizione forse disgregata e disgregante in un’esperienza probabilmente in grado di restituire un contenuto ed una forma, a ciò che è in atto.
Una delle principali funzioni, dello psicologo in PS, è quella di accogliere la sofferenza emotiva delle persone senza trascurare quella fisica, al fine di agevolare l’integrazione delle due dimensioni.
Carkhuff R.R. (1989), L’arte di aiutare, The art of helping VI, 1. Manuale, Centro studi "M.H. Erickson, Trento.
Di Iorio R., Biondo D. (2009), Sopravvivere alle emergenze. Gestire i sentimenti legati alle catastrofi ambientali e civili, Edizioni Magi.
Franta H. , Salonia G. (1981), Comunicazione Interpersonale. Teoria e pratica, Las, Roma.
Gadza G. M. (1985), Sviluppo delle Relazioni Umane. Manuale per educatori, IFREP, Roma.
Masini V. (1996), L’empatia nel gruppo di incontro. Linee guida di Prevenire è possibile per la conduzione di gruppi di incontro, Istituto di sociologia Luigi Sturzo, Caltagirone.
Trabucco G., Buonocore F. (2007), Il pronto soccorso triage. Accoglienza, rassicurazione, cura, aspettative, vissuti psicologici, bisogni, Cortina Editore.
Truax C. B., Carkhuff R. R (1967), Toward effective counseling and psychotherapy, Aldine Chigago
Van Der Kolk et al. 1996, Traumatic Stress: The Effects of Overwhelming Experience on Mind, Body, and Society, Guilford Pubn