Esperienze di intervento psicosociale - Conosco Imparo Prevengo

PSICOLOGIA DELLE EMERGENZE, PROTEZIONE CIVILE, SICUREZZA, TERRITORIO
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Esperienze di intervento psicosociale

Archivio > Aprile 2011 > Psicologia delle emergenze

C.I.P. n. 13 - PSICOLOGIA DELLE EMERGENZE

ESPERIENZE DI INTERVENTO PSICOSOCIALE
Maria Teresa Devito* e Gabriella Mosca**
Psicologa delle Emergenze – Vice Presidente Psic-AR (Psicologi dell’Emergenza Alfredo Rampi)
Psicologa delle Emergenza – Psic-AR (Psicologi dell’Emergenza Alfredo Rampi)


Viene definita stato di emergenza, una situazione di grave crisi in un’area determinata del territorio nazionale a seguito del verificarsi di calamità naturali, o eventi di altro tipo, che per intensità ed estensione, deve essere fronteggiata con mezzi e poteri straordinari. Quindi l’emergenza è "un evento che minaccia, o effettivamente rischia di danneggiare persone o cose", "è una rottura del normale equilibrio".
Nello specifico l’emergenza psicologica è un momento di perturbazione dell’equilibrio psicologico ed emotivo di una persona, dovuto ad una o più circostanze scatenanti, tali da richiedere la mobilitazione di risorse e di strategie di adattamento psicologiche nuove, inusuali o difficilmente fruibili.
Le risposte un individuo al disastro sono di tipo fisico, emotivo, cognitivo e comportamentale, ma poiché il disastro non è solamente un "fatto personale" ma coinvolge una o più comunità, determinando non solo perdite personali, ma anche il cambiamento radicale di luoghi abitativi e strutture sociali, ogni sopravvissuto ad un disastro, essendo parte di una comunità, avrà reazioni vissute come tale.
Per quanto riguarda la risposta emozionale delle vittime, essa attraversa alcune fasi. Innanzitutto la
FASE D’URTO, caratterizzata da una serie di reazioni emotive intense (shock, panico, confusione e incredulità), di solito seguite dall’attivazione di comportamenti auto-protettivi.
Segue la FASE EROICA (dall’impatto fino al quarto giorno), caratterizzata da un elevato livello di attività. Durante questa fase, vi è un senso di altruismo e molti membri della comunità mostrano una forte spinta all’azione pro-sociale, anche a costo di affrontare seri rischi (la valutazione dei rischi può essere compromessa) e dispendio di energia.
Vi è poi la FASE DELLA LUNA DI MIELE (dalla prima settimana a 3 mesi dell’evento), caratterizzata da ottimismo e fiducia nel pieno recupero, con significativo aumento del senso di comunità per aver condiviso un’esperienza drammatica.
Segue la FASE DELLA DISILLUSIONE che è invece caratterizzata dalla comparsa dei primi sintomi connessi allo stress post traumatico (ansia, depressione, irritabilità). I superstiti scoprono un senso di abbandono dall’esterno e si comincia a realizzare che le promesse possono essere disattese o non mantenute.
La FASE DELLA RICOSTRUZIONE, durante la quale la maggioranza delle persone torna al livello di funzionamento precedente la calamità, anche se gli anniversari aggravano i sintomi. Le basi messe nei mesi precedenti cominciano a produrre cambiamenti osservabili: le richieste di aiuti cominciano ad essere approvate, comincia la ricostruzione.

Nelle situazioni di pericolo, specifiche reazioni e comportamenti si manifestano nelle vittime:
Comportamenti ansiosi: le persone sono in preda all’ansia, urlano, piangono e diventano incapaci anche di azioni semplici come aprire una porta.
Comportamenti di fuga disorganizzata: le persone tendono a correre, fuggendo in qualsiasi direzione, anche se non è quella giusta.
Comportamenti di coesione sociale: le persone si  riuniscono fra loro e si "sentono un gruppo".
Comportamenti di panico: si tratta di comportamenti distruttivi, irrazionali e asociali quali il lottare con altre persone.
Comportamenti altruistici: le persone tendono ad aiutare altre persone in difficoltà, esponendosi loro stessi ad un pericolo vitale.
Comportamenti di "congelamento": alcune persone rimangono cognitivamente paralizzate e incapaci di muoversi.

Il compito del soccorritore è quello di aiutare fisicamente e psicologicamente, attivando nelle vittime il recupero e una reazione positiva. Obiettivo primario degli interventi in emergenza, è infatti quello di fornire una base tranquilla e sicura a partire dalla quale si può recuperare un livello di equilibrio.
Sono due le tipologie di intervento in emergenza: l’intervento psicosociale, svolto da psicologi formati ad intervenire in situazioni di emergenza; l’intervento clinico, svolto da psicoterapeuti con formazione in psicologia dell’emergenza.
L’intervento psicosociale, nello specifico, è rivolto alla collettività e permette attività di aggregazione rivolte ad ogni fascia di età; la sua efficacia è valutabile attraverso il coinvolgimento attivo della popolazione che riesce a stimolare. Naturalmente deve integrarsi con tutte le altre forze del soccorso presenti sul campo.

Il progetto "Ludobus - cibo per la mente".
I promotori di tale progetto sono, il Centro Alfredo Rampi Onlus e Psicologi dell’emergenze Alfredo Rampi "Psic-AR"; Manager Italia, l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, il gruppo Poste Italiane – ki point, imprenditori e liberi professionisti della svizzera centrale.
Gli obiettivi sono quelli di sostenere le popolazioni abruzzesi colpite dal sisma; realizzare delle azioni di sostegno psicosociale nella fase della post-emergenza attraverso un gruppo di operatori psicosociale e attrezzare spazi per la socializzazione (con particolare riferimento a giovani, anziani e bambini) nelle tendopoli.

Esperienza pratica: Intervento psicologico nel campo di accoglienza di S. Vittorino (AQ) – utilizzo di "Ludobus – Cibo per la mente"
La telefonata di pre-allerta arriva il 6 Aprile dal Dipartimento di Protezione Civile Nazionale e dall’Ufficio Extradipartimento del Comune di Roma; viene attivato un coordinamento interno di Psic-AR, costantemente in contatto con la responsabile dell’area sanitaria degli psicologi, Dott.ssa Giulia Marino, del Dipartimento di Protezione Civile Nazionale.
L’attivazione ufficiale arriva il 7 Aprile con un fax dal Centro Operativo Comunale di Protezione Civile di Roma. Una squadra di psicologi parte in colonna mobile con altre associazioni di volontariato.

L’intervento, nella tendopoli di San Vittorino (COM 1), è stato organizzato con squadre formate da
3 psicologi che si sono alternati ogni 4 giorni, per un totale di 18 psicologi coinvolti.
I destinatari degli interventi sono stati vittime dirette, testimoni e  familiari delle vittime; soccorritori volontari e professionisti; tessuto sociale e comunità.

L’intervento attuato è stato di tipo intergrato, caratterizzato sia da un piano di Supporto Psicologico (Triage psicologico, Elaborazione del trauma, Gestione dei sentimenti negativi, Sviluppo strategie di coping) e da un Supporto Psicosociale (Facilitare il ricongiungimento familiare, Sistemazione e creazione di ambienti accoglienti nelle tende e nel campo, Creazione di spazi di aggregazione per bambini, anziani, adulti, facilitare la comunicazione,la comprensione e l’utilizzo delle informazioni)

L’intervento ha avuto differenti caratterizzazioni durante le varie fasi dell’evento.
Durante la fase di emergenza acuta, sono stati utilizzati il triage psicologico, al fine di individuare i casi più gravi e fornire immediato intervento; l’intervento operativo, per provvedere ai bisogni fondamentali per la sopravvivenza (acqua, cibo, vestiti, ecc), per aiutare a rintracciare persone care e amici, verificandone l’incolumità. Gli strumenti di lavoro, in questa fase, sono stati le schede di triage e i diari di bordo, al fine di garantire una continuità nell’intervento anche durante i turnover delle squadre d’intervento.
Durante la prima fase successiva all’evento, sono stati attuati interventi di defusing e debriefing e di insegnamento di tecniche per la gestione dello stress, è stata, inoltre, effettuata una valutazione del contesto nel campo di accoglienza (rumorosità, affollamento, presenza di zone destinate a bambini, ecc).
Nella fase di post-emergenza (a tre mesi dall’evento catastrofico), lo scenario operativo di soddisfacimento dei bisogni fondamentali della popolazione, si era ormai stabilizzato; l’intervento si è potuto quindi orientare al recupero di un senso di comunità, attraverso un processo di normalizzazione.

Naturalmente, l’intervento non assume caratteristiche diverse solo nelle varie fasi dell’evento catastrofico, ma anche a seconda delle fasce d’età dei suoi destinatari.
L’intervento con i bambini 0-10 anni, si caratterizza per la creazione di spazi per il gioco psicologicamente orientato, con l’utilizzo di vari materiali, quali colori (pennarelli, matite, tempere), pongo, puzzle, peluche, piattini, posate e bicchieri di plastica, stoffe, frutta finta, animali giocattolo, macchinine.  
L’intervento con gli adolescenti  11-17 anni si caratterizzata per la creazione di spazi di aggregazione e attività ludico-ricreative con l’utilizzo di libri, cd, materiale di cancelleria (fogli, cartoncini, colla, spago, corde, colori), giochi da tavolo, giochi elettronici, Barbie, Witch, trucchi, Gormiti, carte da gioco, piste automobilsprint.  
L’intervento con  giovani e adulti 18 anni e oltre, ha l’obiettivo di favorire la verbalizzazione e la gestione delle emozioni collegate all’evento catastrofico vissuto e supportare la creazione di una nuova rappresentazione del futuro
L’intervento con gli anziani 60 anni in poi, si concretizza in primis nell’individuazione, all’interno del campo, degli anziani con un maggior bisogno di aiuto fisico, sanitario e psicologico. Gli anziani vengono aiutati e supportati durante l’evacuazione delle case dichiarate inagibili. Anche per questa fascia d’età sono prevista, naturalmente, attività ricreative, attraverso l’utilizzo di carte da gioco, scacchi, tombola, bocce, cruciverba/sudoku, ferri da lana e da uncinetto, lana e cotone, fili, aghi, stoffe, romanzi, riviste e libri.

Gli interventi individuali sono stati circa 50 su una popolazione di 200 persone nel campo.

In conclusione, possiamo dire che la costruzione di un percorso all’interno di una tendopoli a seguito di un evento catastrofico, si attua in tre fasi:

  • 1 fase - soccorso psicologico, che prevede il delicato instaurarsi si una relazione d’aiuto centrata sull’evento.

  • 2 fase - soccorso psicosociale, che consenta alla popolazione di incontrarsi e condividere attività comunitarie, al fine di trasportare le vittime dall’area traumatica a quella della rinascita, della speranza e del senso del futuro.

  • 3 fase – recupero dell’autonomia, in cui una serie di risorse interne alla comunità colpita diventano dei riferimenti interni alla tendopoli per dare continuità alle attività di sostegno psicosociale, autorganizzandole.




Dott.ssa Maria Teresa Devito e Dott.ssa Gabriella Mosca


 
 
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