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C.I.P. n. 2 - SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO
Tutele e sicurezza sul lavoro
D.lgs 626/94: una normativa di stampo europeista che non va a sostituire, ma ad integrare le disposizioni già in vigore negli stati membri
Marco Sciarra
(Responsabile del "Servizio di Prevenzione e Protezione " dell'Università degli studi di Roma "Tor Vergata")
La prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali nei luoghi di lavoro è un tema antico nella legislazione comunitaria, tanto da poter essere considerato il punto di forza per la promozione di un percorso sociale unitario nei paesi della Comunità e uno strumento per una tutela sempre più completa della personalità e della dignità del lavoratore, cittadino europeo.
La prima direttiva in materia adottata dal Consiglio della Comunità europea risale al 1959 per l’energia atomica (n. 221) e avvia un discorso normativo perfezionato nel corso degli anni, sostenuto nel suo sviluppo dalla costituzione di appositi organi come il Comitato consultivo per la sicurezza, l’igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro (1974), la Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro (1975), l’Agenzia europea per la prevenzione nei luoghi di lavoro (1994), il tutto supportato dall’affermarsi di un sistema di approccio organico e programmatico allo specifico tema.
Tale approccio si è concretizzato nella predisposizione di piani di azione nel tempo, a partire dal 1978, dai quali emerge l’esigenza di salvaguardare il "modello sociale europeo" e di avviare un’azione coordinata su tutta una serie di tematiche, fra le quali anche la sicurezza e la salute sui luoghi di lavoro.
È proprio nell’ambito di tali programmi che si è realizzata una ricca produzione legislativa concretizzatasi in un corpus normativo comunitario, fondamentale per lo sviluppo delle legislazioni nazionali nel settore della prevenzione.
Oggi, dunque, la legislazione nello specifico settore si presenta come un elemento prioritario e centrale di tutta la legislazione sociale comunitaria al quale viene fatto costantemente riferimento come fattore di crescita e di perfezionamento dell’integrazione europea; non poteva d’altra parte essere diversamente se si considera che nelle disposizioni legislative di prevenzione confluiscono aspetti sociali, economici e giuridici di grande rilievo.
Aspetti tutti che il legislatore comunitario si è adoperato, con sempre maggiore impegno, a valutare e coordinare di fronte alla realtà del fenomeno infortunistico che investe ogni anno in Europa circa 10 milioni di lavoratori (8000 sono i casi mortali) con un flusso di prestazioni valutabili intorno ai 30 miliardi di euro l’anno, cifra che, al di là dell’aspetto economico, rivela un costo umano troppo elevato per una società che include fra i suoi valori portanti il rispetto della dignità umana e la promozione del progresso sociale. Tuttavia, perché tale legislazione comunitaria possa diventare una "realtà tangibile" per i cittadini di ciascuno Stato membro e non solo una enunciazione programmatica di principi e di linee guida, è necessario che ciascuno Stato proceda al suo puntuale e tempestivo recepimento.
Senza entrare nel merito delle innovazioni e delle conferme che scaturiscono negli Stati membri dal recepimento delle direttive europee in materia di sicurezza e salute, è interessante considerare come in ciascuno di essi sia stata organizzata la prevenzione nei luoghi di lavoro.
Indubbiamente ogni Stato ha sviluppato il proprio sistema prevenzionale in ragione del livello di industrializzazione raggiunto, delle attese dei lavoratori e secondo schemi e principi coerenti con la cultura sociale nazionale nella quale si inserisce anche il quadro legislativo per la protezione della salute e sicurezza dei lavoratori.
Un percorso normativo non sempre agevole, per la complessità dei problemi che coinvolge e per i valori che esprime (primo fra tutti quello del diritto alla salute) e che, in quanto tale, sembra non ammettere condizionamenti o limitazioni soprattutto di carattere economico.