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C.I.P. n. 7 - PROTEZIONE CIVILE E VOLONTARIATO
La Protezione Civile nelle prospettive delle riforme federaliste
Sebastiano Gissara*, Giorgio Coppola**
* Ingegnere, esperto in modelli organizzativi
**Geologo - Senior Advisor (Consulente Senior) in materia di protezione civile per la pubblica amministrazione
Premessa
In una concezione moderna, la Protezione Civile non può e non deve significare sostituzione, duplicazione o sovrapposizione di competenze, bensì deve rappresentare una garanzia, senza soluzione di continuità temporale e territoriale, della effettiva funzionalità di tutti i soggetti e di tutte le strutture, pubbliche e private, che concorrono al perseguimento, in maniera coordinata, dell'obiettivo globale di tutelare l'integrità della vita, i beni, gli insediamenti e l'ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da catastrofi e da altri eventi calamitosi.
La definizione, la progettazione e soprattutto l’attuazione di un’articolata politica di intervento che riesca a perseguire gli obiettivi primari della protezione civile e che tenga conto sia delle realtà delle grandi aree urbane, sia dei piccoli Comuni, appare, non sempre, di semplice realizzazione.
Attualmente, il livello "comunale" del Sistema nazionale di Protezione Civile è riferito a tutti i "Comuni" in maniera indifferenziata, cioè senza tenere conto delle varie tipologie e complessità territoriali presenti in Italia, sia in termini di popolazione residente, sia in termini di estensione territoriale, di localizzazione, di vie di accesso, di distanze dai servizi territoriali, di tempi di percorrenza, di popolazione fluttuante, ecc. Tra l’altro, è considerato livello "comunale" di protezione civile anche quello delle Città Metropolitane.
Il legislatore definisce il servizio di protezione civile come "servizio locale indispensabile", il Sindaco è l’autorità responsabile della Protezione Civile nel proprio Comune e, spesso, i piccoli Comuni sono impossibilitati a esercitare tale funzione per le esigue risorse e la scarsità di mezzi a disposizione, a volte del tutto inesistenti. I piccoli Comuni sono chiamati confrontarsi in termini di efficienza amministrativa con i Comuni di media e grande dimensione. La gestione associata consente ai Comuni di migliorare la qualità dei servizi offerti, attuando economie di scala nei costi gestionali.
La gestione associata del servizio di protezione civile, in particolare attraverso le Unioni di Comuni, consentirebbe di offrire un servizio complessivamente di migliore qualità:
migliorando le economie di scala nei costi gestionali;
consentendo una lettura integrata dei problemi territoriali e socio-economici per l’individuazione delle soluzioni più convenienti, coerenti e condivise.
assicurando maggiore coerenza e sinergia, quindi efficacia, territoriale alle attività di prevenzione del territorio e salvaguardia della popolazione attraverso i piani ed i programmi intercomunali;
creando un maggiore e più diretto coordinamento delle risorse umane e materiali, soprattutto di volontariato e garantendo unità immediatamente disponibili ed il potenziamento dell’intervento operativo dei Sindaci dei Comuni interessati;
stimolando meccanismi comuni di presidio e monitoraggio del territorio.
Inoltre, una forma associativa forte e condivisa offre al Sindaco e all’Amministrazione locale l’opportunità di organizzare a livello intercomunale attività di protezione civile, quali:
individuazione ed analisi dei rischi e delle criticità presenti sul territorio;
organizzazione di un unico Centro Operativo Intercomunale
predisposizione dei piani comunali e del piano intercomunale di protezione civile;
progettazione e realizzazione degli interventi finalizzati alla riduzione del rischio sul territorio;
sensibilizzazione e formazione della cittadinanza, nelle scuole e strutture collettive;
realizzazione e organizzazione del sistema di monitoraggio;
collaborazione con gli uffici comunali e gli Enti competenti alle fasi di allertamento e attivazione delle strutture di protezione civile e coordinamento operativo dei soccorsi e delle risorse;
adempimenti amministrativi, decisionali e di soccorso in caso di emergenza;
gestione in forma unificata delle attività di post-emergenza;
ricerca di finanziamenti e richieste di contributi, concernenti le funzioni oggetto di gestione associata anche su apposita progettazione.
In relazione alla non delegabilità di alcune funzioni decisionali dei singoli Sindaci e della loro responsabilità, l’Unione di Comuni rappresenta l’Ente sovracomunale che meglio garantisce il coinvolgimento del Sindaco nell’ambito delle funzioni delegate. Si ricorda che il Sindaco è l’autorità responsabile della Protezione Civile nel proprio Comune, con responsabilità di carattere penale, civile e amministrativo.
La Protezione Civile e le forme associative dei Comuni
Nello scorso mese di febbraio 2009, in occasione dell’audizione dell’ANCI presso la Commissione V (Bilancio) e la Commissione VI (Finanze) della Camera dei Deputati sul Disegno di Legge recante "Attuazione dell’articolo 119 della Costituzione: delega al Governo in materia di federalismo fiscale", l’ANCI ha inviato ai componenti delle Commissioni le proposte correttive al ddl in materia di federalismo fiscale, chiedendo che si giunga speditamente anche a un’elaborazione condivisa delle proposte riguardanti il federalismo istituzionale e che soprattutto queste rispondano ad un progetto innovativo e complessivo di riorganizzazione dell’assetto istituzionale, fissando un punto di equilibrio accettabile fra Regioni, Comuni e Province. Il sistema dei Comuni punta sulla proposta di riassetto istituzionale, per una compiuta valorizzazione dell’istituzione comunale, quale base unitaria del sistema amministrativo del Paese, anche attraverso l’applicazione del principio di differenziazione e di adeguatezza, che deve portare finalmente all’istituzione delle Città metropolitane e, dall’altra, a diversificare il complesso mondo dei Comuni, distinguendo organizzazione e compiti, accompagnando tale percorso con un forte sostegno all’associazionismo fra i Comuni di minor dimensione demografica, puntando sul modello unico delle Unioni di Comuni.
Una reale riorganizzazione delle gestioni associate dei servizi comunali (compreso il servizio di protezione civile) deve tener conto delle esperienze condotte sino a oggi e individuare un "Modello di riferimento nazionale" che consenta il migliore sviluppo dei territori.
In tale contesto, il tema dell’adeguatezza dei Comuni, in particolare degli Enti con ridotte dimensioni demografiche, congiuntamente all’associazionismo intercomunale e all’individuazione nelle Unioni di un "Modello di riferimento nazionale" come strumento utilizzabile per conseguirla, sono punti strategici che necessitano di una pronta e condivisa definizione tra tutti i soggetti interessati.
Le 292 Unioni di Comuni volontariamente costituite negli ultimi anni tra oltre 1370 Comuni, seppur con le difficoltà dovute in gran parte all’incertezza del quadro normativo attuale, possono indicare quale debba essere lo "strumento" per il raggiungimento di tali obiettivi.
La Consulta nazionale di Protezione Civile presso l’ANCI ha avviato un proficuo percorso di condivisione e collaborazione tra i vari Comuni (e, in particolare, tra le Città Metropolitane), nonché fra Comuni e Dipartimento nazionale della Protezione Civile.
Dal dibattito sulle varie tematiche di protezione civile in seno alla Consulta, è emersa una serie di spunti e indicazioni; è emersa la necessità di rafforzare il "Sistema" nazionale di Protezione Civile nel suo complesso, prevedendo una distinzione tra Città metropolitane, grandi centri urbani, medie città e piccoli Comuni (o, meglio, nella forma associata delle Unioni di Comuni), così come è emersa la necessità di programmazione e di redistribuzione delle risorse sul territorio tra Regioni ed Enti locali, sia per le attività di soccorso, sia soprattutto per quelle di previsione, di prevenzione e di preparazione all’emergenza, di presidio e monitoraggio del territorio, mediante l’adozione di modalità e criteri condivisi.
È, inoltre, emersa la necessità di definire e approvare, da parte delle istituzioni competenti, i profili professionali e i profili di competenza degli "operatori" di protezione civile necessari per lo svolgimento delle attività previste nell’ambito dei Sistemi di Protezione Civile ai vari livelli, nonché di definire un’adeguata offerta formativa finalizzata alla formazione, addestramento ed aggiornamento degli "operatori" di Protezione Civile, basata su un’analisi dei fabbisogni formativi.
Delle forme associative dei Comuni se ne è parlato anche in occasione del V Convegno Nazionale dei Comuni sulla Protezione Civile "Codice Rosso" tenutosi presso la Fiera di Ancona, dal 19 al 21 marzo 2009 (il tema "Protezione Civile: le forme associative dei Comuni nelle prospettive dello stato federale")
Il Convegno ha visto l’intervento di numeri rappresentanti delle Istituzionali locali, regionali e nazionali, nonché delle Organizzazioni di Volontariato, dei Sindacati, del tavolo tecnico delle Regioni e della Consulta Nazionale ANCI Protezione Civile.
In particolare, Roberto Reggi, Sindaco di Piacenza e Presidente della Consulta Nazionale ANCI Protezione Civile ha messo l'accento sul ruolo fondamentale che i Sindaci hanno ricoperto in materia di protezione civile, fin dal primo provvedimento legislativo, nell'oramai lontano 1992.
Un ruolo che si è rafforzato ancora con l'elezione diretta dei Sindaci e che si è concretizzato nel monitorare il territorio del proprio Comune, nel riuscire a prevenire le eventuali emergenze e nel soccorrere nella maniera più efficace possibile le vittime di calamità. ‘'Ora più che mai - ha sottolineato Reggi - è necessario creare una consapevolezza sempre maggiore. Infatti, la gran parte dei primi cittadini si accorge delle proprie responsabilità in materia di Protezione Civile solo quando viene toccato da un’emergenza. Emergenze che, ovviamente, avranno delle ricadute diverse a seconda che vengano interessati Comuni piccoli, portati ad associarsi, e grandi centri metropolitani che, all'inverso, sentono il bisogno di atomizzare il territorio per consentire interventi più efficaci. ‘'L'ANCI - spiega Reggi - sta lavorando affinché finalmente si giunga a stabilire dimensioni omogenee ed adatte per far sì che gli interventi possano essere fatti nel migliore dei modi''. ‘'Ovviamente - conclude Reggi - c'è bisogno di risorse maggiori e di sinergie costruite sempre con maggiore intensità fra i vari livelli istituzionali''.
Il Federalismo fiscale: alcuni elementi del dibattito in corso sul percorso normativo
L’ANCI ha costantemente sottolineato l’esigenza che le iniziative normative debbano inserirsi armonicamente in un disegno complessivo che abbia (v. Documento consegnato dall’ANCI il 12 febbraio 2009 in occasione dell’audizione presso le Commissioni Bilancio e Finanze della Camera dei Deputati) quali obiettivi principali:
il rafforzamento delle Istituzioni e della loro capacità decisionale;
la semplificazione e la razionalizzazione dell’amministrazione pubblica, eliminando sovrapposizioni, superfetazioni, enti di vario tipo, riportando, in ossequio al principio generale di sussidiarietà, prevalentemente in capo ai Comuni e alle Città metropolitane la titolarità generale delle funzioni amministrazione;
istituendo finalmente le Città metropolitane, volano essenziale per lo sviluppo economico e sociale del Paese;
il federalismo contrattuale e del personale, tassello fondamentale per realizzare una reale autonomia di spesa e per organizzare il lavoro pubblico secondo i principi di efficienza e di premialità del merito;
l’assegnazione dell’autonomia finanziaria e tributaria ai territori, in modo da realizzare la tendenziale corrispondenza fra livello di spesa decentrato e grado di decentramento tributario delle entrate, per conseguire un’effettiva responsabilità degli enti nell’uso delle risorse pubbliche;
la riforma del sistema di concertazione fra i livelli di governo per adeguarlo a una democrazia governante, capace di decidere ponderando gli interessi plurimi in una sintesi unitaria;
l’istituzione del Senato delle autonomie territoriali, per superare il diaframma che oggi separa da una parte il confronto fra esecutivi dal confronto fra Parlamento e Governo, definendo invece una sede in cui creare quella circolarità del processo decisionale indispensabile in un assetto federale e plurale.
A tal proposito, l’ANCI ha chiesto che si giunga speditamente anche a un’elaborazione condivisa delle proposte riguardanti il federalismo istituzionale e che soprattutto queste rispondano a un progetto innovativo e complessivo di riorganizzazione dell’assetto istituzionale, fissando un punto di equilibrio accettabile fra Regioni, Comuni e Province.
Proposta di riassetto istituzionale, peraltro, su cui il sistema dei Comuni punta per una compiuta valorizzazione dell’istituzione comunale, quale base unitaria del sistema amministrativo del Paese, anche attraverso l’applicazione del principio di differenziazione e di adeguatezza, che deve portare finalmente all’istituzione delle Città metropolitane e, dall’altra, a diversificare il complesso mondo dei Comuni, distinguendo organizzazione e compiti, accompagnando tale percorso con un forte sostegno all’associazionismo fra i Comuni di minor dimensione demografica, puntando sul modello unico delle Unioni di Comuni.
In occasione della citata audizione presso le Commissioni del 12 febbraio scorso, l’ANCI ha richiamato l’attenzione della Camera dei Deputati su questioni importanti, quali:
l’iter di erogazione dei fondi perequativi;
il rafforzamento delle garanzie per assicurare ai Comuni che, nell’avvio della fase transitoria, il monte di risorse finanziarie sia sterilizzato dai tagli e dalle mancate compensazioni che i bilanci comunali hanno subito negli ultimi anni, anche con la previsione che il primo decreto legislativo riguardi appunto la finanza comunale;
la disposizione sull’istituzione delle Città metropolitane.
Per quanto riguarda l’istituzione delle Città metropolitane, l’ANCI ha ribadito che considera questa come un obiettivo strategico per il sistema Paese, che va fatta bene e rapidamente, riconoscendo apertamente il ruolo centrale e di regia del Comune capoluogo.
Per quanto concerne i piccoli Comuni, l’ANCI chiede una normativa differenziata, per esempio, per i bilanci, così come una diversificazione degli ordinamenti nel senso della semplicità, un sostegno per costruire Unioni di Comuni e finanziamenti mirati a sostenere gestioni associate dei servizi.
Il ruolo attuale dei Comuni nell’ambito del Sistema nazionale di Protezione Civile
La legge 24 febbraio 1992 n. 225 istituisce il servizio di Protezione Civile al fine di tutelare l’integrità della vita, i beni, gli insediamenti e l’ambiente dai danni e/o dal pericolo causato da calamità naturali, da catastrofi o da altri eventi calamitosi; l’art.2 della legge elenca le tipologie di eventi e differenzia gli ambiti di competenza, mentre l’art. 3 classifica i compiti di protezione civile. L’art. 6 della stessa legge precisa come i soggetti competenti provvedono all’attuazione delle attività di protezione civile, mentre l’art.11 classifica le organizzazioni di volontariato tra le strutture operative di protezione civile. L’art. 15 riconosce il sindaco autorità comunale di protezione civile.
Il decreto legislativo 31.03.1998 n.112, all’art. 108 del capo VIII - protezione civile -, precisa tutte le funzioni amministrative conferite alle regioni e agli enti locali.
Per quanto concerne gli incendi boschivi, la legge 21.11.2000 n.353, all’art. 4 comma 5, precisa gli obblighi dei comuni in termini di previsione e di prevenzione, mentre con l’art.6 fa carico anche agli enti locali, di promuovere l’informazione alla popolazione in merito alle cause determinanti l’innesco di incendio e alle norme comportamentali da rispettare in situazioni di pericolo; l’art. 10 comma 2, incarica i comuni di provvedere a censire, tramite apposito catasto, i soprassuoli già percorsi dal fuoco nell’ultimo quinquennio e ad aggiornare il suddetto catasto annualmente.
Il decreto legislativo 17.08.1999 n.334, per gli stabilimenti in cui sono presenti sostanze pericolose in quantità pari o superiori ai limiti fissati dal decreto stesso, nell’art. 22 comma 4, fa carico ai comuni di informare la popolazione interessata sulla base delle notizie fornite dal gestore.
Il decreto ministeriale 28 maggio 1993, individua, tra i servizi indispensabili dei comuni, anche i servizi di protezione civile, di pronto intervento e di tutela della sicurezza pubblica.
L’art. 138, comma 16 della Legge 388 del 23.12.2000 istituisce il "Fondo Regionale di Protezione Civile" ed indica le finalità del fondo stesso, come segue: «Per finanziare gli interventi delle regioni, delle province autonome e degli enti locali, diretti a fronteggiare esigenze urgenti per le calamità naturali di livello b) di cui all'articolo 108 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, nonché per potenziare il sistema di protezione civile delle regioni e degli enti locali, è istituito il "Fondo regionale di protezione civile".» (omissis).
Per la parte concernente il "potenziamento" del sistema di protezione civile delle regioni e degli enti locali, manca ancora, nella maggioranza delle regioni, la definizione di criteri e modalità di utilizzazione e ripartizione del Fondo stesso, basata sull’individuazione delle esigenze, sulla definizione delle priorità e sulla programmazione, monitoraggio e valutazione degli interventi.
Dal 2001 al 2008, il Fondo Regionale di Protezione Civile è stato alimentato annualmente, oltre che da risorse regionali, anche da risorse statali pari a circa 150 milioni di euro annue. La Finanziaria 2009 non ha stanziato risorse statali per alimentare il fondo.
A tal proposito, in occasione della manifestazione dell’ANCI "Codice Rosso 2009" (19-21 marzo 2009), il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alla protezione Civile, Guido Bertolaso, ha affermato che «negli ultimi otto anni, attraverso le regioni sono stati spesi più di mille milioni di euro per la protezione civile. Nelle verifiche, però, abbiamo riscontrato non poche difficoltà per ricostruire i flussi di spesa, ed in alcuni casi anche irregolarità.» Detto questo, ha aggiunto di essere pronto a battersi insieme agli altri, per chiedere altre risorse da investire nel fondo di protezione civile, a patto, però, che «fino all'ultimo euro venga speso in modo efficace ed efficiente; ne va della credibilità dell'istituzione.»
Il ruolo dei Comuni e dei Sindaci nell’ambito del Modello organizzativo per la gestione dell’emergenza
La Direttiva del 3 dicembre 2008 della Presidenza del Consiglio dei Ministri, concernente "Indirizzi operativi per la gestione delle emergenze", si pone fra gli obiettivi quello di garantire il tempestivo e costante flusso delle informazioni tra tutti i soggetti coinvolti e quello di ottimizzare le capacità di allertamento, attivazione ed intervento del sistema di protezione civile nel suo complesso.
La citata Direttiva descrive, al Capitolo 2, il "Modello organizzativo per la gestione dell’emergenza", precisando e confermando fra l’altro che, per quanto concerne il ruolo dei Comuni e dei Sindaci:
«... la prima risposta all’emergenza, qualunque sia la natura dell’evento che la genera e l’estensione dei suoi effetti, deve essere garantita dalla struttura locale, a partire da quella comunale, preferibilmente attraverso l’attivazione di un Centro Operativo Comunale (C.O.C.) dove siano rappresentate le diverse componenti che operano nel contesto locale. Tenuto conto che il nostro territorio è caratterizzato da un numero elevato di piccole realtà municipali, è necessario che in fase di pianificazione di emergenza sia garantito da parte delle amministrazioni provinciali e regionali un particolare e adeguato supporto ai Sindaci di tali comuni, affinché possano efficientemente organizzare le proprie strutture per la gestione delle emergenze.»
«A livello comunale, così come previsto dall’art.15 commi 3 e 4 della legge 24 febbraio 1992, n. 225 e dall’art. 108 del Decreto Leg.vo 31 marzo 1998, n.112, il Sindaco assume la direzione ed il coordinamento dei servizi di soccorso e di assistenza alla popolazione colpita e provvede ai primi interventi necessari a fronteggiare l’emergenza, dando attuazione a quanto previsto dalla pianificazione di emergenza» (...).
La Direttiva dedica particolare attenzione al ruolo fondamentale dei livelli locali nell’assicurare il primo soccorso e l’assistenza alla popolazione, ma anche all’importanza di operare, sin dalle primissime fasi dell’emergenza, in sinergia con tutte le altre strutture interessate.
Nell’ambito del capitolo 2 della Direttiva, dedicato al "Modello organizzativo per la gestione dell’emergenza", particolare importanza riveste la precisazione sul ruolo del Sindaco, che come previsto dall’art.15 commi 3 e 4 della legge 24 febbraio 1992, n. 225 e dall’art. 108 del Decreto Leg.vo 31 marzo 1998, n.112, assume la direzione e il coordinamento dei servizi di soccorso e di assistenza alla popolazione colpita e provvede ai primi interventi necessari a fronteggiare l’emergenza, dando attuazione a quanto previsto dalla pianificazione di emergenza.
In particolare, anche utilizzando il potere di ordinanza, il Sindaco, attraverso il personale della sua struttura comunale e chiedendo l’ausilio delle componenti e strutture di protezione civile presenti ed operanti sul territorio (vigili del fuoco, forze di polizia, strutture sanitarie, enti gestori della rete idrica, elettrica, del gas, dei rifiuti e della telefonia, volontariato locale) e con il supporto di ditte ed aziende private, provvede a:
l’individuazione della sede più idonea per l’ubicazione del centro operativo comunale, delle aree di attesa e delle aree di ricovero della popolazione (laddove non prevista già in fase di pianificazione dell’emergenza);
l’individuazione delle situazioni di pericolo e la prima messa in sicurezza della popolazione, anche disponendone l’evacuazione;
l’assistenza sanitaria ai feriti;
la distribuzione dei pasti e l’assegnazione di un alloggio alternativo alla popolazione "senza tetto";
la continua informazione alla popolazione sulla situazione e sui comportamenti da adottare anche attraverso l’attivazione di uno sportello informativo comunale;
il controllo della viabilità comunale con particolare attenzione alla possibilità di afflusso dei soccorritori e di evacuazione della popolazione colpita o a rischio;
il presidio a vista del territorio per seguire l’evoluzione dell’evento.
La stessa Direttiva, nel tenere conto che il territorio italiano è caratterizzato da un numero elevato di piccole realtà municipali (oltre 5.000 comuni hanno meno di 10 mila abitanti e 3.869 ne ha meno di 5 mila), dà indicazioni perché sia garantito da parte delle amministrazioni provinciali e regionali un particolare e adeguato supporto ai Sindaci di tali comuni, affinché possano efficientemente organizzare le proprie strutture per la gestione delle emergenze.