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C.I.P. n. 4 - TERRITORIO
IL PROBLEMA DELLE CAVITA' SOTTERRANEE A ROMA
Giovanni Maria Di Buduo
(Geologo)
In molti sono a conoscenza del fatto che nell’area urbana di Roma sono presenti numerose reti di gallerie sotterranee, ma non sono altrettanto ben conosciute la complessità e (in certe zone) la gravità del problema. Le cavità sotterranee sono dovute a:attività estrattive nei depositi vulcanici (pozzolane e tufi) e in minor misura in depositi sabbioso-ghiaiosi; cunicoli per drenare le acque, captazione di sorgenti; catacombe.
Le aree della città interessate dalla presenza di cavità sotterranee sono in prevalenza quella orientale e meridionale (cioè in sinistra idrografica del Fiume Tevere), dove sono presenti i depositi del Vulcano Laziale (Colli Albani), interessati da attività estrattiva. In minor misura sono presenti cavità sotterranee anche in destra idrografica del Fiume Tevere nei depositi del Vulcano Sabatino, e in parte anche in ghiaie e sabbie presenti per esempio lungo Via Magliana (fig. 1).
Fig. 1 – Carta delle cavità sotterranee a Roma [Ventriglia, 2002 - stralcio, modificata]. Le tonalità di colore (rosso per i depositi vulcanici, blu per quelli sabbioso-ghiaiosi) circoscrivono le aree ove la presenza di cavità sotterranee è più o meno probabile (nelle zone rosse vi sono le cavità conosciute). Nelle zone bianche non sono presenti cavità: riempimenti delle valli alluvionali recenti (Fiume Tevere e affluenti), depositi plio-pleistocenici in alto strutturale (M. Mario), colata lavica di Capo di Bove.
I metodi di scavo, mantenutisi pressoché inalterati dall’epoca romana fino ai tempi recenti, prevedevano lo scavo di una galleria principale con imbocco lungo un versante e la realizzazione di gallerie laterali all’incirca ad angolo retto (fig. 2).
Fig. 2 – Esempi in pianta di reti di gallerie. A: Prenestino [Lanzini, 2000]. B: via Accademia Ambrosiana – via di Grotta Perfetta [Ventriglia, 2002].
In genere le gallerie hanno larghezza di circa 2-3 metri con altezze variabili da 3 a 5 metri, ma in presenza di pozzolane con spessori notevoli le dimensioni delle gallerie sono anche maggiori. I pilastri delle cavità hanno in genere lati compresi tra 6 e 8 metri di lato.
In alcuni luoghi le reti di gallerie sono sovrapposte e per la maggior parte non vi è corrispondenza in verticale fra i pilastri dei diversi livelli, mentre in altre zone gli scavi hanno raggiunto la falda acquifera (fig. 3).
Il sistema di cavità sotterranee non è perfettamente conosciuto.
Quando l’area urbana era limitata quasi del tutto al centro storico le campagne circostanti erano disseminate di punti di ingresso alle cavità più o meno accessibili e di voragini dovute allo sprofondamento delle volte (fig. 4).
L’espansione edilizia del dopoguerra (anni ’60 – ’70), condotta per la maggior parte senza i dovuti accorgimenti, ha portato da un lato all’occultamento delle cavità (sia con il tombamento delle voragini e degli accessi, sia con la presenza del fabbricato stesso), e dall’altro alla creazione di situazioni pericolose, a causa di inopportune tipologie fondazionali: alcuni edifici sono stati infatti costruiti con fondazioni dirette al di sopra di reti ipogee a piccola profondità.
Quando la fondazione diretta è sconsigliabile a causa della pessima qualità di terreni e rocce o per la presenza di cavità, l’adeguata tipologia fondazionale è rappresentata dalla realizzazione di pali che, attraversando i livelli in questione, scaricano il peso della struttura più in profondità dove la situazione stratigrafica lo permette (fig. 3).
Fig. 3 – Cavità sotterranee in zona via Tuscolana – via delle Cave [Ventriglia, 2002]. A: gli scavi hanno raggiunto la falda acquifera. B: fondazioni idonee alla situazione: i pali scaricano in profondità il peso dell’edificio.
Fig. 4 – Carte topografiche del 1924, sono evidenti i dissesti in superficie dovuti alle cavità sotterranee, ormai non più visibili perché le zone sono intensamente urbanizzate [Ventriglia, 2002 - modificate]. A: zona tra Largo Preneste e Villa Gordiani. B: zona tra via Laurentina e via di Grotta Perfetta.
Le gallerie a volte sono invase da acqua e liquami provenienti in genere da perdite delle reti idriche e fognarie, che determinano il disfacimento e l’ alterazione dei materiali vulcanici, con conseguente scadimento localizzato delle caratteristiche geotecniche, fenomeni di scalzamento al piede delle pareti, distacchi dei pilastri e continui allargamenti della larghezza delle gallerie.
INDAGINI
Definire esattamente l’interazione opere in superficie – reti ipogee è un compito estremamente difficile; è infatti necessario conoscere con la maggiore precisione possibile:
le caratteristiche planoaltimetriche e geometriche della rete ipogea;
le caratteristiche geologico-stratigrafiche e idrogeologiche dell’area;
le caratteristiche fisico-meccaniche dei litotipi;
lo stato tensionale ed evolutivo delle cavità (dedotto dall’esame visivo);
l’eventuale presenza di strutture di sostegno, di perdite nelle reti idriche e fognarie, e di reti di sottoservizi (in particolare gas);
le tipologie dei manufatti e delle loro fondazioni;
le vibrazioni causate dal traffico veicolare e dalle onde sismiche.
Per lo studio delle cavità sotterranee si usano metodi indiretti (con i quali si eseguono misurazioni in superficie) e diretti, ciascuno caratterizzato da peculiari vantaggi e svantaggi.
Metodi indiretti.
Indagini geofisiche (geoelettrica, georadar) – le misurazioni si eseguono in superficie, ma per la geoelettrica si devono compiere stendimenti rettilinei anche di centinaia di metri, impossibili in ambienti urbanizzati (inoltre i dati sono disturbati dalle correnti vaganti), mentre il georadar in terreni umidi e mineralizzati come sono i tufi romani difficilmente riesce ad investigare oltre pochi decimetri dal piano campagna.
Metodi diretti.
Sondaggi meccanici - permettono di individuare il tetto e il letto di un vuoto sotterraneo, ma ciò va bene per una singola galleria o cunicolo, ma è del tutto insufficiente in presenza di una rete di gallerie (che è la situazione comune); inoltre non si ottengono informazioni sulla larghezza della cavità, sullo stato fisico delle pareti e sulle evoluzioni tensionali in atto.
Rilievi speleologici e topografici - l’esplorazione diretta degli ipogei è il metodo con cui si acquisisce la maggiore quantità di dati, ma i rischi connessi a tali esplorazioni, il fatto che non sempre si possono individuare i punti di accesso e che spesso le gallerie sono invase da liquami o interrotte da crolli, ne limitano molto la fattibilità.
Indagini televisive in foro - permettono di definire geometria e tipologia di cavità, e l'andamento del sistema di gallerie, ma la raccolta dei dati si limita alla zona circostante il foro.
PROGETTO DI MAPPATURA
La presenza delle cavità sotterranee a Roma si rende evidente quando si verificano crolli che portano alla lesione delle strade, degli edifici sovrastanti e delle reti di sottoservizi (fogne, reti idriche, elettriche, telefoniche, ecc.), con ripercussioni negative su attività civili e
Commerciali.
Se da un lato si può stare relativamente "tranquilli" poiché i danni potenziali consistono in lesioni molto localizzate ai manufatti (quindi non c’è il rischio di crollo di un intero palazzo), dall’altro occorre considerare che il verificarsi di tali danni comporta comunque dei costi sociali, a cui si devono aggiungere i costi delle indagini e degli interventi di ripristino e di bonifica dei dissesti, che richiedono risorse economiche non trascurabili, nonché soluzioni progettuali di consolidamento particolarmente complesse.
Per questo è indispensabile che venga elaborato al più presto un progetto di mappatura dell’area urbana di Roma al fine di individuare le zone con maggiori potenzialità di crollo, e che richiedono immediati interventi di risanamento; tali interventi non devono essere limitati all’esecuzione di perforazioni e al successivo riempimento delle voragini, ma devono essere adeguatamente pianificati sulla base della precisa definizione dell’interazione opere in superficie – reti ipogee.
Il progetto dovrebbe svilupparsi secondo azioni susseguenti:
1. individuazione delle aree maggiormente esposte al pericolo di crollo delle cavità, secondo diverse classi di pericolo;
2. identificazione degli elementi a rischio per ciascuna area e valutazione della loro vulnerabilità;
3. elaborazione di scenari di evento e valutazione dell’entità dei danni;
4. individuazione delle zone a priorità di intervento (quelle con maggiore danno potenziale e maggiore esposizione al pericolo).
UNO STUDIO DI RIFERIMENTO
A breve sarà pubblicato uno studio molto interessante condotto nel Municipio VI da un’equipe dell’Università "Roma Tre" diretta dal dott. Mazza (che ringrazio per la sua disponibilità e cortesia per avermene anticipato in maniera approfondita i contenuti).
Il risultato dello studio è una carta del rischio nel Municipio VI elaborata secondo una matrice in cui sono rapportati tra loro i dati geologici (dai quali si desume, a corredo delle cavità già note, la maggiore o minore probabilità di presenza di ulteriori cavità) e le fasce di età di costruzione degli edifici (da cui si è desunta sia la tipologia costruttiva – es. muratura o cemento armato - che quella fondazionale – es. fondazione diretta o su pali). Alcune cavità sono state anche esplorate direttamente, permettendo l’esame delle condizioni delle pareti dei pilastri (che in alcuni casi sono risultate essere critiche).
Tale studio rappresenta un’ottima proposta di approccio metodologico per la gestione e la pianificazione del territorio, poiché da un lato permette l’individuazione di aree più a rischio di altre, e dall’altro rappresenta per amministrazioni locali e geologi professionisti da esse incaricati una base solida su cui programmare adeguatamente qualsiasi tipo di intervento in area urbana.