La città che voleva volare di Patrizia Tocci - Conosco Imparo Prevengo

PSICOLOGIA DELLE EMERGENZE, PROTEZIONE CIVILE, SICUREZZA, TERRITORIO
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La città che voleva volare di Patrizia Tocci

Archivio > Aprile 2010 > Recensioni

C.I.P. n. 10 - RECENSIONI
LA CITTÀ CHE VOLEVA VOLARE, PATRIZIA TOCCI
TABULATI FATI EDIZIONI, 2010
Recensione di Rita Di Iorio



L’ho vista dal finestrino di un camper, la città che voleva volare. L’ho sentita tremare, nella notte. I lampioni che si muovevano, in una danza macabra. L’atmosfera rossastra, infernale. Una polvere sottile ed alta impediva persino di capire cosa non c’era più.
Patrizia Tocci, aquilana, vittima del terremoto.
Scrittrice da anni, non poteva esprimere meglio il proprio amore per la sua città e il proprio dolore nel vederla distrutta se non utilizzando il suo prezioso strumento: la scrittura.
Un libro in cui con le parole pennella paesaggi, monumenti, piazze, vicoli, l’Aquila prima del terremoto.
Leggendo il libro ci immergiamo in un giro turistico della città, la narratrice diventa la nostra guida e ci accompagna per Porta Castello, piazza San Pietro in Coppito, Collemaggio, Oddi.
A colpire non è la descrizione del monumento o della via, ma la descrizione dell’anima delle cose, i respiri, i rumori, i colori, le emozioni, le riflessioni personali utilizzando un linguaggio poetico, caldo, coinvolgente.
Con delicatezza la scrittrice ci accompagna verso l’improvvisa catastrofe.
Ma sono bastati venti secondi per distruggere i mondi che abitano dentro di noi…ha compiuto un solo giro di valzer la mia terra ballerina. Ma è bastato per far cadere…trascinare. Lo sgomento per la morte che si è abbattuta sulla città, le sofferenze della popolazione che ha dovuto abbandonare…ora le pietre tanto familiari, le case, le strade, i campanili, gli angoli nascosti, non parlano più.
Leggere questo libro significa percorrere il tempo di ieri e di oggi, del passato e del presente, ritrovare la città dell’Aquila prima del terremoto, unirsi al grido di dolore per la sua distruzione.
Il libro si chiude con un richiamo alla speranza e nello stesso tempo alla determinatezza, con un monito ad utilizzare le risorse interne che ogni essere vivente possiede per superare le emergenze della vita.
Ricostruiremo le case della nostra città. Riempiremo le strade e le finestre, apriremo scuole ed uffici, saracinesche e vetrine…A tutti quelli che lottano perché la nostra città resti dov’è e come era. Siamo abituati alle lunghe attese: ma torneremo, come dopo una lunga transumanza.

Note dell’autore
Patrizia Tocci nata nel 1959 a Verrecchie (AQ). Laureata in filosofia all’Università La Sapienza di Roma, insegna materie letterarie negli istituti secondari superiori.  Studiosa di Eugenio Montale e più in generale del novecento, i suoi articoli e saggi sono stati pubblicati su numerosi periodici e riviste specializzate. Ha esordito con una densa raccolta di prose e poesie, Un paese ci vuole (Japadre, Aquila 1990), poi ha pubblicato una silloge poetica, Pietra serena (Tabula fati Chieti 2000). Ha ottenuto consensi in numerosi concorsi letterari.

 
 
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