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C.I.P. n. 12 - SICUREZZA SUL LAVORO
RISCHIO DA STRESS LAVORO-CORRELATO
COMMENTO AGLI ATTI DELLA COMMISSIONE PERMANENTE E LA FIGURA PROFESSIONALE DELLO PSICOLOGO DEL LAVORO
Gianmichele Bonarota
Psicologo Direttivo Comune di Roma, Scuola di Formazione della Polizia Municipale, Socio PSI-CAR.
Il 17 novembre 2010 la Commissione consultiva Permanente per la Salute e Sicurezza sul Lavoro ha approvato le indicazioni necessarie per la valutazione del rischio da stress lavoro correlato in conformità a quanto indicato agli art.6, comma 8, lettera m-quater e l’art. 28, comma 1-bis del Decreto Legislativo n.81/2008 e successive modifiche ed indicazioni.
Questi lavori hanno dato origine alla lettera circolare del Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali - D.G. Tutela delle condizioni di lavoro che andranno a regime dal 1 gennaio 2011. Le direttive e la loro attuazione saranno poi monitorate per 24 mesi in modo da avere un follow-up metodologico e permettere degli ulteriori assestamenti da parte della Commissione Consultiva ed andare così " a regime" nel 2014.
Ricordiamo che lo stress lavoro correlato è stato descritto all’art. 3 dell’Accordo Europeo del l’8/10/2004 nelle modalità indicate dall’Accordo Interconfederale del 9 /06/2008 nel seguente modo:
"condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica e sociale ed è conseguenza del fatto che taluni individui non si sentono in grado di corrispondere alle richieste o aspettative riposte in loro" art. 3 comma1.
Però non tutte le manifestazione di stress sul lavoro possono essere considerate come " lavoro-correlate" , poiché appartengono a questo ambito solo quelle causate dai vari fattori che devono essere propri nell’ambito, contesto o contenuto del lavoro.
La valutazione del rischio da stress lavoro correlato fa parte della "Valutazione dei rischi" da effettuarsi da parte del datore di lavoro mediante il RSPP (Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione), il medico competente, ove nominato, previa consultazione del RSL/RSST ( Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza ) dell’azienda e o in sua assenza, del Territorio che interverranno al fine di ridurre al minimo tale fattore.
E’ strategicamente importante l’identificazione della scelta metodologica da cui si evincono, a cascata, "i passi" e le procedure da dover applicare in tutti i contesti lavorativi.
La valutazione si articola in due fasi:
Una denominata "necessaria" che è quella preliminare;
L’altra, successiva, "eventuale" da effettuarsi solo in caso di rilevazione dei rischi ed inefficacia delle correzioni adottate.
La valutazione preliminare deve essere composta da rilevazioni ed indicatori "oggettivi e verificabili" ove possibile numericamente apprezzabili in tre famiglie distinte:
"Eventi sentinella" come indici infortunistici dati da assenze per malattie, procedimenti e sanzioni, segnalazione da parte del medico competente, turnover, lamentele formalizzate "specifiche e frequenti" da parte dei lavoratori. Tutti gli eventi sono da valutarsi in base a parametri omogenei individuati all’interno dell’azienda ( esempio: a cadenza biennale, annuale, semestrale, solo in primavera, presenza di elementi patologici allergici, ecc.), in un determinato contesto (in fonderia, in manutenzione, personale viaggiante, ecc.);
Fattori di contenuto del lavoro come ambienti, attrezzature, carichi e ritmi di lavoro,, orario di lavoro e turnazioni, formazione ed addestramento dei lavoratori, rispetto compiti richiesti, ecc.;
Fattori di contesto del lavoro; ad esempio il ruolo della figura professionale nell’ambito dell’organizzazione del lavoro, autonomia decisionale, struttura di controllo, evoluzione e progressione di carriera, comunicazione delle decisioni e loro titolarità, ecc. .
In questa fase possono essere utilizzate liste di controllo (check list ) che permettono una valutazione oggettiva tra le parti. A tal fine la circolare sottolinea che in relazione ai " fattori di contesto e di contenuto" occorre sentire i lavoratori e/o RLS o RLST. Possono essere utilizzati, in contesti più ampi, anche campioni statisticamente rappresentativi.
La scelta delle modalità tramite le quali sentire i lavoratori "è rimessa al datore di lavoro", anche in riferimento alla metodologia di valutazione adottata.
Nel caso in cui non emergono elementi di rischio che richiedono elementi correttivi, sempre il datore di lavoro, dovrà "darne conto nel Documento di valutazione del Rischio (VDR) e prevedere un piano di monitoraggio". Qualora si presentino situazioni di rischio stress lavoro correlato si dovrà procedere alla pianificazione ed adozione degli interventi correttivi opportuni (es. interventi organizzativi per la chiarezza della linea di comando, chiarezza delle procedure, interventi tecnici, formazione ed addestramento, ecc.). Interventi che, se non risolvono, attiveranno un ulteriore approfondimento nella seconda fase , la così detta "valutazione approfondita".
La valutazione approfondita prevede "la valutazione della percezione soggettiva" dei lavoratori con diverse strumentazioni : "focus group", questionari, interviste semi-strutturate sulle famiglie di fattori/indicatori da effettuarsi anche per campioni omogenei rispetto le problematiche evidenziate. Nelle aziende più grandi si può utilizzare la campionatura statistico descrittiva di più gruppi omogenei per tipologia di lavoro.
Nelle piccole imprese, fino a 5 lavoratori, il datore di lavoro può utilizzare modalità che coinvolgono direttamente i suoi collaboratori ad esempio attraverso le riunioni.
Va da sé che in questa fase applicativa "i datori di lavoro virtuosi" che hanno già svolto le valutazioni dello stress lavoro correlato in conformità all’accordo del 2004 "non devono ripetere l’indagine, ma sono unicamente tenuti all’aggiornamento della medesima".
Dalla lettura della nota si conferma la "centralità della responsabilità" del datore di lavoro già esistente a partire dall’art.2087 del Codice civile ed ulteriormente confermata dal Decreto Legislativo 81/08, all’ art.15.
Infatti fin dal 1993 la corte di Cassazione precisò che allo stesso era vietato " di porre in essere, nell’ambito aziendale, comportamenti che siano lesivi del diritto all’integrità psicofisica del lavoratore" in applicazione dei principi Costituzionali cui all’art. 32 e 41 nonché dei doveri di correttezza e di buona fede. (Cass.IV Sent.2054/1993 successivamente confermati nel 2000).
Ulteriore misura generale di tutela rilevante in materia di stress lavoro correlato, cui è responsabile il datore di lavoro, è data dalla lettera d) dell’art. 15 al quale si richiede
" il rispetto dei principi ergonomici nell’organizzazione del lavoro, nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, in particolare al fine di ridurre gli effetti sulla salute del lavoro monotono e di quello ripetitivo".
La giurisprudenza aveva già confermato i principi e la Commissione Lavoro n.13741 del 2000 che collegava la responsabilità nel lavoro e la valenza psicologica come elemento e variabile della Sicurezza: " anche lo stress emotivo ricollegabile al lavoro svolto, si deve ritenere infortunio sul lavoro anche quello che ha provocato la morte di un soggetto con cardiopatia preesistente per effetto dell’usura e dello stress" .
La circolare emessa presenta comunque luci ed ombre.
Gli elementi positivi sono ( dopo tre rinvii di oltre due anni e mezzo):
Se ce ne fosse stato ulteriormente bisogno la responsabilità del datore di lavoro;
la certezza della data di applicazione e dei tempi di attuazione;
il livello minimo di attuazione dell’obbligo.
Quelli negativi, evidenziati anche da un documento della Regione Lombardia, riguardano:
la "presunzione" di poter valutare lo stress solo dai così detti "dati oggettivi";
il ritenere "eventuale" ovvero opzionale la rilevazione soggettiva dei lavoratori.
Infatti per quest’ultimo punto , non tutte le categorie previste nella valutazione preliminare sono oggettivabili mediante indicatori numerici. Le altre categorie di valutazione o sono difficili o non lo sono affatto per come si enumerano e si compenetrano parametrandosi. Ad esempio "la corrispondenza tra le competenze dei lavoratori ed i requisiti professionali richiesti" (cat. II), l’autonomia decisionale e di controllo, i conflitti interpersonali riguarderanno solo quelli formali, gli altri ( non formalizzabili) che danno vita al "clima " del posto di lavoro e alla comunicazione ( cat. III)risulteranno più importanti. Tale pericolo è stato percepito e considerato dalla Commissione, la quale ha suggerito di "sentire i lavoratori" e/o RLS e RLST. In molti casi, viene indicato in vari documenti di lavoro, la conferma del risultato atteso dalla valutazione preliminare ( indicata come oggettiva), risultato che è stato modificato, talvolta non confermato, ed annullato dalla rilevazione soggettiva dei lavoratori.
Altro elemento negativo, per quanto riguarda la categoria professionale, è l’esclusione della figura dello Psicologo del Lavoro, che diviene marginale e può avere uno spazio in termini di consulenza esterna come indicato Sentenza V sez. CE 2001del 5/11/2001 della corte di Giustizia della Comunità Europea con la quale l'Italia è stata a suo tempo condannata.
Nelle motivazioni infatti si affermava:
"23. A tale proposito va ricordato che l'art. 7, nn. 1 e 3, della direttiva prevede l'obbligo da parte del datore di lavoro di organizzare un servizio di protezione e di prevenzione dei rischi professionali all'interno dell'impresa ovvero, se le competenze all'interno della medesima sono insufficienti, di far ricorso a competenze esterne.
24. Ora, ai sensi dell'art. 8, sesto comma, del decreto legislativo, un datore di lavoro ha la facoltà, ma non l'obbligo, di ricorrere a persone o servizi esterni all'impresa se le competenze dei dipendenti all'interno di quest'ultima sono insufficienti.
25. Dall'art. 8, sesto comma, del decreto legislativo, considerato isolatamente, non risulta quindi che il datore di lavoro sia, in ogni caso, tenuto ad assumere personale in possesso delle adeguate capacità o a ricorrere a persone o servizi esterni per occuparsi delle attività di protezione e di prevenzione dei rischi professionali nell'ambito dell'impresa interessata".
Al termine dell’esposizione appare necessario esplicitare delle sintetiche riflessioni su tutto il percorso dei lavori.
La prima è di valutazione del contesto generale ovvero dello stato di crisi economica cui ristagna tutta l’economia occidentale, e di conseguenza quella italiana nell’ambito dell’ E.U.
Sequenziale è stata quindi la scelta politica "trasversale" della Commissione di "non appesantire" la forte parte datoriale con ulteriori costi .
In quest’ottica si inserisce poi tutta la querelle dell’applicazione nell’ambito pubblico e privato che di fatto non aveva senso in riferimento al "valore Sicurezza" ma in termini di costi aggiuntivi.
Gli aspetti positivi sono il rispetto e l’applicazione della normativa europea in termini di applicabilità, metodologie e procedure più chiare.
Il vecchio ma sempre buono principio del "festina lente" ovvero "velocemente lento" dei romani è stato correttamente rispettato anche in termini di metodologia applicativa.
Anche in questo caso è opportuno saper valutare "il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto" .
Vediamo insieme i più importanti aspetti negativi.
All’interno del contesto della ricerca di opportunità di lavoro da parte della comunità degli Psicologi bisogna segnalare l’incapacità dei nostri rappresentanti di incidere nelle scelte decisionali propositivi di crescita per la categoria.
Incapacità emersa anche dai colleghi degli enti ed istituzioni come INPS, INAIL, ISPESL ( che sono stati disciolti e confluiranno all’INAIL) dei vari Ministeri, anche del Lavoro, i quali non "hanno fatto holding" e proposto forti iniziative.
Capacità di esserci che invece si è riscontrata in altre figure professionali che "occupano" questo spazio di attività dove il referente indicato è il Medico competente, ma sono coinvolti anche Ingegneri, Consulenti del Lavoro, esperti del Risorse Umane, esperti giuslavorativi (avvocati e tecnici specialisti dei CCNL ), Sindacalisti, ecc..
In particolare vi invito a soffermare l’attenzione sulla figura del Medico e della sua possibilità di "spaziare" in tutti i settori, nonché i Consulenti del Lavoro che possono utilizzare gli strumenti dei test, questionari, interviste (escluso nell’ambito clinico).
Infine le opportunità di lavoro per i giovani laureati si spostano al 2014, dopo la valutazione, per andare "a regime".
Rileviamo ora quelli positivi che riguardano la definizione di un ambito "molto fluido" per il quale abbiamo bisogno di tempo per formare sia gli "attrezzi professionali" che una generazione di psicologi del lavoro capaci di confrontarsi e collaborare con le altre professionalità.
Sono molto ottimista nel pensare e sperare che gli evidenti limiti delle altre figure professionali possano aprire spazi di lavoro " nell’ambito del soggettivo e quindi del sociale lavorativo" che rappresentano i 2/3 delle categorie indicate dalla Commissione.
Sono altrettanto ottimista per la capacità già dimostrata della valutazione delle mansioni, delle potenzialità, del clima di benessere lavorativo, che dovrà però cambiare il suo approccio culturale.
Sono mediamente ottimista nell’osservare il percorso innovativo nel mondo del lavoro dell’applicazione dei principi di Prevenzione e Sicurezza e quindi della opportunità di poter applicare anche nella nostra professione il principio delle "buone prassi" cui al punto v) dell’art. 2 del D. Lgs. N.81/2008;
Ugualmente posso dirmi ottimista per l’attività di Formazione rivolta ad adulti professionalizzati, il loro addestramento e la loro capacità di "rivisitazione delle qualità professionali in contesti di innovazione e cambiamento".
Sono infine positivo per quanto concerne gli aspetti organizzativi cui al precedente articolo al comma dd) relativo a "modelli di organizzazione e di gestione" nonché per la presenza di figure " professionalmente capaci di risolvere problemi" nell’ambito degli "organismi paritetici" indicati al punto ee).
Un ambito per me totalmente sconosciuto e che vi invito ad esplorare in termini di ricerca ed opportunità anche occupazionali è il comma ff) che riporto fedelmente:
"responsabilità sociale delle imprese : integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle aziende e organizzazioni nelle loro attività commerciali e nel loro rapporto con le parti interessate".
Credo che questo ambito possa accogliere tutte le iniziative dell’associazionismo e del volontariato che operano nell’ambito della Prevenzione e Sicurezza del territorio. Si apre così l’ipotesi di un nuovo percorso di rapporti tra le aziende, la comunità sociale e le scelte politiche per un servizio della Psicologia dell’emergenza.
In questo contesto a generare la mia preoccupazione è lo scenario in riferimento al riassetto della Università di Roma, in particolare per la formazione del Polo scientifico di Medicina che accorperebbe anche la parte delle competenze di Psicologia.
Le domande per il futuro professionale si accavallano e lo rendono maggiormente incerto.
Quale sarà il nuovo ruolo dello Psicologo del Lavoro ?
Coloro i quali hanno già operato per tanti anni nel settore o in quelli limitrofi, come psicologi dell’emergenza, diverranno o saranno costretti a riprendere i loro studi per divenire Medici del Lavoro e così continuare la loro attività?
Il passaggio intrapreso quali pericoli ed opportunità nascondono?
Come dicono le lettere burocratiche: "siamo in attesa di gentile riscontro" dal nostro Ordine ed i suoi rappresentanti.