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C.I.P. n. 11 - ESERCITAZIONI
ESERCITAZIONE DI PROTEZIONE CIVILE CASE ROSSE - 23 MAGGIO 2010
L’IMPORTANZA DI SPERIMENTARSI IN UN AMBIETE PROTETTTO
Ilaria Alesse
Psicologa - Stagista
Il 23 maggio partecipai per la prima volta ad una esercitazione di Psicologia dell’emergenza con la collaborazione della Protezione Civile del Centro Alfredo Rampi.
Mi ricordo ancora la sera prima dell’evento e pensavo tra me e me, cosa succederà… quale sarà la situazione che simuleranno, quali saranno i nostri ruoli?
Soprattutto pensavo e provavo a sentire la mia parte emotiva… pensavo a quali sarebbero state le mie emozioni e cosa avrebbe suscitato in me quella situazione.
Mi sentivo un po’ agitata sia la sera prima che la mattina stessa della simulazione, poi mi sono tranquillizzata durante il tempo trascorso che arrivassero gli Psicologi dell’emergenza (e devo dire ce ne è voluto di tempo) a offrire il loro aiuto.
Mi viene in mente la mattina in cui siamo stati convocati per l’assegnazione dei ruoli…che emozione…ma anche l’angoscia di non sapere cosa avremmo fatto in realtà e cosa sarebbe accaduto; poi alla fine ognuno ha avuto il proprio ruolo, io ero una vittima di II livello (o meglio, la sorella di una mamma che probabilmente ha perso il figlio di 12 anni a causa dello scoppio di un palazzo).
In quel momento non sapevo bene cosa fare, cosa dire a mia sorella, come rivolgermi agli psicologi che sarebbero arrivati in nostro aiuto, pensavo solo a capire quali fossero le mie emozioni e come potevo aiutare mia sorella che aveva bisogno di me e del mio supporto. Quando siamo entrati in "azione", ricordo tutte quelle persone, feriti sia lievi che gravi che chiedevano aiuto, avevano e avevamo il bisogno di essere ascoltati e accolti anche se molte volte eravamo diffidenti nei confronti degli operatori.
Ricordo in particolare il momento in cui ci siamo avvicinati ai soccorritori della protezione civile, chiedevamo anzi urlavamo il nome delle persone a noi care, volevamo sapere se tra le vittime c’era mio nipote ma nessuno sapeva darci delle risposte, eravamo in balia del terrore e del panico, gente che urlava, che gridava il proprio dolore per la morte dei loro cari e nessuno sembrava ascoltarli; eravamo soli, così ci siamo sentiti, soli, a dover combattere contro un dolore e una sofferenza che ci stava uccidendo.
Sul piano emozionale, questa esperienza è stata forte ma soprattutto formativa e mi sono resa conto di quei tanti concetti teorici che si studiano ma che durante una simulazione o un evento reale tutto cade in disuso e non si riesce ad essere consapevoli di quello che si sta facendo o dicendo… mi riferisco soprattutto alle difficoltà che anche gli psicologi possono incontrare di fronte ad un evento così imponente, destabilizzante sia sul piano affettivo che lavorativo; ed è per questo motivo che è fondamentale in qualsiasi situazione d’emergenza sia per gli operatori che per le vittime saper riconoscere quali sono le emozioni provate e non farsi paralizzare dalle stesse, essere in grado di identificarle, di raccontare cosa è accaduto e cosa hanno provato durante l’esperienza traumatica vissuta insieme; è importante che gli operatori, così come le vittime possano essere aiutati a mettersi a nudo, cercando di non credersi onnipotenti, o meglio pensando di "farcela da soli" perché credo che da soli o senza l’aiuto di "Altri" non possiamo farcela nè come vittime e né come professionisti.